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lunedì 10 Novembre 2025

Liguria e il divario tra pensionati e lavoratori: un campanello d’allarme.

La Liguria si configura come un indicatore emblematico di una tendenza demografica più ampia che investe il panorama socio-economico italiano: il progressivo squilibrio tra popolazione pensionata e forza lavoro attiva.
Al 31 dicembre 2024, la regione ligure registra un divario preoccupante, con 656.493 pensioni erogate contro 633.899 occupati, un deficit di 22.594 unità.
Questa dinamica, già manifesta da tempo nel Sud e nelle Isole, evidenzia una profonda trasformazione del tessuto produttivo e sociale del Paese.

A livello nazionale, il quadro è ancora più significativo: con 7,3 milioni di pensioni erogate, il numero dei lavoratori attivi si attesta a poco più di 6,4 milioni.
Il Mezzogiorno, in particolare, rappresenta il fulcro di questa disomogeneità, con la Puglia che accumula il divario più marcato, superando le 231.700 unità.

L’eccezione, in controtendenza rispetto al resto del Sud, è rappresentata da Liguria, Umbria e Marche, che mantengono, seppur con margini ridottissimi, un saldo positivo, grazie ad un andamento occupazionale più favorevole degli ultimi anni.
L’incidenza di questo fenomeno si estende anche al Nord, con un numero crescente di province che vedono il numero di pensioni superare quello degli occupati.

Savona, Genova, Ferrara, Biella, Vercelli, Alessandria, Sondrio e Rovigo sono le province che presentano questo squilibrio, con la Liguria che vede due province su quattro segnare un saldo negativo.
A Savona, ad esempio, si registrano 119.848 pensioni contro 106.095 occupati, mentre nella Città Metropolitana di Genova il dato è di 359.324 pensioni contro 349.250 lavoratori.

Le uniche eccezioni liguri positive sono Imperia e La Spezia, con lievi surplus.

L’invecchiamento della forza lavoro, conseguenza diretta della diminuzione delle nascite e dell’aumento della longevità, sta creando serie difficoltà per le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni localizzate nelle regioni del Sud e nelle isole.
La crescente difficoltà nel reperire personale qualificato nel mercato del lavoro è diventata una vera e propria sfida per le aziende, limitando la loro capacità di innovare e competere.
La Basilicata si distingue per l’indice di anzianità dei dipendenti privati più elevato (82,7), seguito da Sardegna, Molise, Abruzzo e Liguria, indicando una marcata prevalenza di lavoratori con più di 55 anni rispetto a quelli al di sotto dei 35.
Al contrario, Emilia Romagna, Campania, Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige mostrano una situazione più equilibrata, sebbene anche in queste regioni l’invecchiamento della forza lavoro sia un fattore di preoccupazione.

La persistenza di questo squilibrio demografico e la conseguente carenza di competenze specialistiche rischiano di compromettere la crescita economica e la competitività del Paese, richiedendo interventi mirati per favorire il ricambio generazionale, incentivare la natalità e promuovere l’attrazione di talenti qualificati dall’estero.
La sfida è complessa e richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga istituzioni, imprese e società civile.

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