L’analisi del rapporto tra forza lavoro e pensionati nel 2024, condotta dalla Cgia, proietta un’ombra di squilibrio demografico che si fa particolarmente tangibile nel Sud Italia.
Lecce emerge come provincia con il divario più marcato, con un deficit di 90.306 occupati rispetto ai pensionati, seguita da Reggio Calabria, Cosenza, Taranto e Messina, tutte aree caratterizzate da una persistente difficoltà a sostenere il peso del sistema previdenziale.
Tuttavia, l’elevato numero di prestazioni erogate non è riconducibile unicamente alla prevalenza delle pensioni di vecchiaia o anticipate, bensì riflette una diffusa incidenza di trattamenti assistenziali e di invalidità, circostanza che solleva serie preoccupazioni.
Questa dinamica è il risultato tangibile di una complessa interazione di fattori che hanno eroso la base contributiva e ampliato la platea dei beneficiari di welfare.
Quattro processi interconnessi appaiono cruciali in questa situazione: un calo significativo delle nascite che contrasta con l’invecchiamento progressivo della popolazione, un tasso di occupazione persistentemente inferiore alla media europea e, non ultimo, la significativa presenza di lavoratori in nero o con contratti precari che sfuggono al sistema contributivo.
La combinazione di questi elementi ha eroso la capacità del tessuto economico locale di generare nuova occupazione e sostenere il sistema previdenziale, accentuando la dipendenza dal welfare.
Le previsioni indicano un potenziale peggioramento di questa tendenza a livello nazionale, anche in aree economicamente più avanzate.
Un dato significativo è che anche otto province settentrionali presentano già oggi un numero di pensionati superiore al numero di lavoratori attivi, segnalando una crescente pressione su tutto il sistema.
L’analisi rivela inoltre che la criticità non è un fenomeno esclusivamente meridionale.
Province come Rovigo, Sondrio, Alessandria, Vercelli, Biella, Ferrara, Genova e Savona, situate nel Nord Italia, presentano anch’esse un saldo negativo, evidenziando una problematica strutturale che investe l’intero Paese.
Un ulteriore indicatore allarmante è l’indice di anzianità dei dipendenti nel settore privato.
La Basilicata si distingue con un valore di 82,7, indicando che per ogni 100 dipendenti al di sotto dei 35 anni, ve ne sono 82,7 che hanno superato i 55 anni.
Questo fenomeno, che riflette un invecchiamento generalizzato della forza lavoro, è particolarmente sentito anche in Sardegna, Molise, Abruzzo e Liguria, mentre Emilia Romagna, Campania, Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige mostrano una maggiore dinamicità demografica, sebbene non esenti da criticità.
Nonostante il quadro complessivo sia preoccupante, alcune realtà del Mezzogiorno come Matera, Pescara, Bari, Cagliari e Ragusa, registrano ancora un saldo positivo, offrendo un barlume di speranza e suggerendo possibili modelli di sviluppo e politiche mirate per contrastare la tendenza al declino demografico e alla crescente dipendenza dal welfare.
L’analisi della Cgia, in definitiva, solleva interrogativi urgenti sulla sostenibilità del sistema previdenziale italiano e sull’importanza di politiche economiche e sociali capaci di promuovere la natalità, l’occupazione giovanile e l’inclusione dei lavoratori precari, al fine di garantire un futuro demograficamente equilibrato e economicamente prospero per l’intero Paese.







