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domenica 9 Novembre 2025

Squilibrio lavoro-pensioni: il Sud a rischio, spaccatura nazionale

L’analisi congiunturale tra forza lavoro e pensionati erogati nel 2024 rivela un quadro demografico ed economico tutt’altro che equilibrato sul territorio nazionale, come evidenziato dallo studio della Cgia.
La sproporzione, indicata dal saldo negativo tra occupati e pensionati, raggiunge livelli critici in alcune province del Sud Italia, segnando un campanello d’allarme sulla sostenibilità del sistema previdenziale e sulle dinamiche socio-economiche locali.
Lecce emerge come provincia con il divario più marcato (-90.306), seguita da Reggio Calabria (-86.977), Cosenza (-80.430), Taranto (-77.958) e Messina (-77.002).
Tuttavia, è cruciale sottolineare che la causa primaria di questo squilibrio non risiede unicamente nell’elevato numero di pensioni di vecchiaia, bensì nella preponderanza di trattamenti assistenziali e di invalidità, fattori che amplificano la pressione sul sistema di welfare.
Questo scenario non è un evento isolato, ma il risultato tangibile di un processo decennale alimentato da una combinazione di tendenze demografiche e strutturali: un crollo della natalità che riduce il ricambio generazionale, un invecchiamento progressivo della popolazione con conseguente aumento della platea dei pensionati, un tasso di occupazione persistentemente inferiore alla media europea e, non ultimo, la diffusa presenza di lavoro sommerso e irregolare che erode la base imponibile.

La convergenza di questi elementi ha eroso la capacità contributiva del paese, generando un crescente divario tra chi contribuisce al sistema e chi ne beneficia.

Le previsioni indicano un peggioramento di questa tendenza a livello nazionale, interessando anche le aree più sviluppate economicamente.

Sorprendentemente, anche in alcune province del Nord Italia si registra un numero di pensioni superiore al numero di lavoratori attivi: Rovigo (-2.040), Sondrio (-2.793), Alessandria (-6.443), Vercelli (-7.068), Biella (-9.341), Ferrara (-9.984), Genova (-10.074) e Savona (-13.753).

La Liguria, in particolare, appare vulnerabile, con due province su quattro che presentano un saldo negativo.
A fronte di 107 province monitorate, solo 59 mostrano un saldo positivo, offrendo un barlume di speranza in un contesto prevalentemente negativo.

Nel Mezzogiorno, le uniche eccezioni sono Matera (+938), Pescara (+3.547), Bari (+11.689), Cagliari (+14.014) e Ragusa (+20.333), realtà che, pur con margini limitati, riescono a mantenere un equilibrio tra forza lavoro e pensionati.

Un ulteriore indicatore di squilibrio demografico è rappresentato dall’indice di anzianità dei dipendenti privati.

La Basilicata si distingue per il valore più elevato (82,7), segnalando che ogni centinaio di dipendenti al di sotto dei 35 anni è affiancato da 82,7 dipendenti con più di 55 anni.
Seguono Sardegna (82,2), Molise (81,2), Abruzzo (77,5) e Liguria (77,3).

Il dato nazionale medio si attesta al 65,2, evidenziando un divario significativo tra le regioni più colpite e quelle che, pur affrontando la criticità, riescono a mitigarne gli effetti.
Emilia-Romagna (63,5), Campania (63,3), Veneto (62,7), Lombardia (58,6) e Trentino A.
A.

(50,2) si posizionano come le regioni meno afflitte da questa tendenza, pur dovendo comunque confrontarsi con le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione attiva.
La complessiva situazione richiede interventi strutturali mirati a promuovere la natalità, incentivare l’occupazione giovanile e contrastare il lavoro irregolare, al fine di garantire la sostenibilità del sistema previdenziale e favorire uno sviluppo economico equilibrato su tutto il territorio nazionale.

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