Il dramma si è concluso, ma non cancella la sofferenza di una comunità e la complessità di un territorio impervio.
Il corpo dell’escursionista francese, scomparso da venerdì scorso, è stato individuato in una posizione estremamente critica: il fondo di un crepaccio profondo, superando i duecento metri di dislivello, nel territorio di Castelbianco, incuneato tra le regioni del Piemonte e della Liguria.
La scoperta, resa possibile dall’impiego di un drone dei Vigili del Fuoco, segna la conclusione di una ricerca intensa e logorante.
L’intervento di soccorso, orchestrato con precisione e professionalità, ha visto la convergenza di numerose forze specializzate.
Oltre alle squadre di Vigili del Fuoco, fondamentali per la loro competenza e attrezzatura, il Soccorso Alpino ha operato con il suo consueto alto livello di preparazione.
Un contributo significativo è giunto dai soccorritori SMTS (Soccorsi con Mezzi e Tecniche Speciali) della Croce Rossa Italiana, che hanno fornito supporto medico e logistico.
La Guardia di Finanza, con un elicottero, ha garantito un monitoraggio aereo, cruciale per avere una visione d’insieme della zona e individuare eventuali zone di interesse.
A supporto, le unità della Protezione Civile hanno coordinato la logistica e la comunicazione.
Il contributo delle squadre cinofile, addestrate per la localizzazione di persone scomparse in ambienti impervi, si è rivelato prezioso, seppur non determinante per la scoperta finale.
Le operazioni di ricerca, protrattesi per diversi giorni, si sono concentrate su un ambiente geologico estremamente sfidante: falesie verticali, pareti rocciose a strapiombo e gole profonde, caratterizzate da una morfologia che ne rende l’accesso difficile e pericoloso, sia a piedi che con mezzi aerei.
In queste aree particolarmente critiche, è intervenuta l’unità Saf (Speleologico Alpino Fluviale) dei Vigili del Fuoco, personale altamente specializzato in tecniche di corda e discesa in ambienti complessi, capaci di affrontare rischi elevati per la sicurezza personale.
Il recupero del corpo, a causa della profondità e della posizione del crepaccio, si preannuncia complesso e delicato, richiedendo l’impiego di attrezzature specifiche e l’intervento di personale altamente qualificato.
L’evento solleva interrogativi sulla sicurezza degli escursionisti in zone montane, sulla necessità di percorsi segnalati e mantenuti, e sull’importanza di una preparazione adeguata per affrontare le sfide poste da un territorio alpino, spesso imprevedibile e inospitale.
La tragedia è un doloroso monito per tutti coloro che amano l’escursionismo, ricordando il rispetto che si deve alla montagna e la prudenza che deve guidare ogni passo.