venerdì 21 Novembre 2025

Cappuccini a Bergamo: Nodo Legale tra Fede, Patrimonio e Libertà

Un intricato nodo legale e politico avvolge il futuro della Chiesa dei Frati Cappuccini, un complesso storico situato all’interno dell’area degli ex Ospedali Riuniti di Bergamo.
La vicenda, iniziata con un’asta nel 2018, si è trasformata in una disputa complessa che solleva interrogativi fondamentali sul diritto di prelazione, la libertà religiosa e il ruolo delle istituzioni regionali.

L’asta, indetta dall’ASST Papa Giovanni XXIII, offriva l’opportunità di acquisire un immobile di significativo valore storico e architettonico, con una base d’asta fissata a 418.700 euro.
L’offerta vincente, pari a circa 450.000 euro, provenne dall’associazione Musulmani di Bergamo, innescando immediatamente un’inaspettata frizione.

L’ipotesi che la struttura potesse essere convertita in luogo di culto islamico suscitò una reazione formale da parte della Regione Lombardia, guidata dal governatore Attilio Fontana, che invocò il diritto di prelazione.
Tale diritto, derivante da vincoli imposti dal Ministero dei Beni Culturali, permette allo Stato di riscattare un bene immobile venduto a terzi, quando esso possieda un interesse pubblico alla sua acquisizione.
La decisione regionale di esercitare tale diritto, con un finanziamento di 452.196 euro, si concretizzò in una delibera, immediatamente contestata dall’associazione Musulmani di Bergamo, difesa dall’avvocato Andrea Di Lascio.
Iniziò così una lunga e complessa battaglia legale, che ha attraversato diverse istanze giudiziarie: il Tribunale di Bergamo, la Corte d’Appello di Brescia e, in seguito, la Cassazione.

Quest’ultima, ritenendo necessario un approfondimento, ha rimandato il caso nuovamente alla Corte d’Appello di Brescia.

La sentenza dei giudici bresciani rappresenta un punto di svolta significativo.
Con una decisione che ha suscitato ampio dibattito, la Corte d’Appello ha dichiarato la delibera regionale del maggio 2019 “discriminatoria”, riconoscendo la validità dell’acquisto effettuato dall’associazione Musulmani di Bergamo.

La sentenza non solo conferma la proprietà del bene all’associazione, ma condanna inoltre la Regione a risarcire le spese legali sostenute dall’associazione, per un ammontare di quasi 32.000 euro.
La decisione della Corte d’Appello solleva interrogativi cruciali.
Oltre al caso specifico, la vicenda pone l’attenzione sulla legittimità dell’esercizio del diritto di prelazione in situazioni che coinvolgono espressioni di pluralismo religioso.
Il caso evidenzia le potenziali tensioni tra la tutela del patrimonio culturale e il diritto di libertà di culto, e come l’esercizio di un potere pubblico possa essere percepito, e in questo caso giudicato, discriminatorio.

Nonostante la sentenza, la Regione Lombardia ha annunciato l’intenzione di adire la Corte di Cassazione, mantenendo aperta la questione e preannunciando ulteriori sviluppi in una vicenda destinata a rimanere un caso emblematico per il futuro.

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