Il femminicidio di Pamela Genini, avvenuto a Milano, emerge come un tragico culmine di una relazione caratterizzata da un controllo ossessivo e violenze reiterate, ricostruito attraverso la testimonianza di Francesco, l’ex compagno e ultimo interlocutore telefonico della vittima.
Le sue parole, rese in un’estenuante deposizione, dipingono un quadro inquietante: Pamela viveva nella costante paura delle minacce e degli abusi inflitti da Gianluca Soncin, un uomo capace di esercitare una forma di potere psicologico e fisico devastante.
Francesco ha descritto anni di soprusi, di un rapporto che si è evoluto in una spirale di violenza, testimoniando come la giovane donna, pur conscia della gravità della situazione, fosse paralizzata dalla paura, incapace di intraprendere azioni legali per sottrarsi a quell’incubo.
La sua mancata denuncia, nonostante i ripetuti episodi di abuso, si configura come una tragica conseguenza del condizionamento psicologico esercitato dall’aggressore, un meccanismo che spesso imprigiona le vittime di violenza domestica.
La testimonianza di Francesco svela un tassello cruciale: l’episodio del pestaggio avvenuto a Cervia, a casa dell’ex compagno, il 3 settembre.
La successiva visita all’ospedale di Seriate, dove Pamela si è fatta curare per una frattura al dito, evidenzia la persistenza della violenza e la volontà di nasconderla, aggirando i protocolli di intervento sanitario.
L’assenza di una segnalazione formale, nonostante la comunicazione dei fatti ai medici, sottolinea la complessità del percorso di denuncia intrapreso dalle vittime, spesso ostacolato dalla paura di ritorsioni e dalla vergogna.
Le testimonianze raccolte finora delineano il profilo di una giovane donna vulnerabile, intrappolata in un ambiente superficiale, dominato da immagini e feste, un contesto che apparentemente contrastava con la sua solitudine e fragilità.
Proprio in questo contesto, il rapporto con Soncin, mediato da amici in comune, ha segnato un punto di svolta drammatico.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Milano e condotte dai sostituti Letizia Mannella e Alessia Menegazzo, si concentrano ora sulla ricostruzione del percorso di Soncin, tracciato attraverso l’analisi dei sistemi di pedaggio autostradale.
Le ipotesi degli inquirenti suggeriscono che l’uomo si sia recato appositamente a Milano per compiere l’omicidio, considerandola un oggetto da eliminare in quanto non più conforme alle sue aspettative.
Il fatto che l’omicidio sia avvenuto in presenza delle forze dell’ordine, che avevano già raggiunto l’abitazione, amplifica la drammaticità del gesto e sottolinea la sua premeditazione.
L’inchiesta ha inoltre coinvolto il proprietario dell’appartamento affittato da Pamela e un fabbro, in relazione alla copia illegale delle chiavi, un dettaglio che rivela la fredda pianificazione dell’aggressore.
La sua successiva menzogna, volta a simulare una convivenza idilliaca per dissimulare il carattere premeditato del delitto, non ha ingannato gli investigatori.
Ulteriori elementi emersi dalle indagini riguardano le ingenti risorse finanziarie a disposizione di Soncin, presumibilmente frutto di evasioni fiscali, per le quali è stato precedentemente condannato.
La complessità finanziaria dell’aggressore solleva interrogativi sulla sua rete di contatti e sulle possibili connessioni che hanno potuto favorire la sua impunità.
L’ascolto dei familiari di Pamela, previsto a breve, offrirà ulteriori spunti di riflessione sul contesto in cui si è consumato questo tragico evento, contribuendo a gettare luce sulle dinamiche relazionali e sulle difficoltà incontrate dalla vittima nel cercare aiuto.
Il caso Genini, purtroppo, si aggiunge a una lunga lista di femminicidi che sconvolgono il paese, alimentando il dibattito sulla necessità di rafforzare le misure di prevenzione e protezione delle donne vittime di violenza.





