Tutela dei diritti genitoriali e consenso informato: un’analisi delle “Diffide Culla”Un’ondata di contestazioni legali, denominate “Diffide Culla”, ha recentemente investito il sistema sanitario italiano, sollevando un acceso dibattito sulla tutela dei diritti genitoriali e l’importanza del consenso informato nelle cure pediatriche.
L’avvocata Camilla Signorini, con sede a Mantova, ha diffuso a diverse strutture ospedaliere un documento che impone rigorosi limiti a procedure mediche ritenute invasive o potenzialmente lesive dell’autonomia genitoriale.
In sintesi, la diffida vieta l’imposizione di mascherine alla madre durante il parto, la conservazione di campioni biologici del neonato (sangue, DNA) e, crucialmente, l’esecuzione di vaccinazioni o test diagnostici senza un consenso esplicito, documentato e consapevole dei genitori.
La reazione della Società Italiana di Neonatologia è stata immediata e perentoria: l’avvocata è stata denunciata in diverse procure, tra cui Torino, accusata di favorire l’esercizio abusivo di professione, truffa, diffusione di notizie tendenziose e procurato allarme.
La vicenda, giunta all’attenzione della magistratura, evidenzia un conflitto profondo tra l’interpretazione restrittiva dei diritti genitoriali, sostenuta dall’avvocata, e le prassi mediche consolidate, basate sull’interesse primario del minore e sulla responsabilità dei professionisti sanitari.
La questione sollevata non è meramente burocratica o legale, ma tocca temi etici e sociali di primaria importanza.
Il concetto di consenso informato, sancito dalla normativa vigente, implica che i genitori siano pienamente consapevoli dei rischi e dei benefici di qualsiasi intervento medico, e abbiano la libertà di decidere in base alle proprie convinzioni e valori.
La “Diffida Culla”, pur nel suo intento di proteggere i diritti genitoriali, rischia di creare confusione e ostacolare l’accesso alle cure necessarie per il neonato, generando potenziali ripercussioni sulla sua salute e benessere.
L’argomentazione dei denuncianti si concentra sulla presunta inesattezza delle informazioni fornite ai genitori e sulla potenziale violazione degli obblighi professionali dei medici.
È fondamentale sottolineare che l’attività medica si fonda su un rapporto di fiducia tra paziente (o suoi rappresentanti legali) e professionista sanitario, un rapporto che deve essere caratterizzato da trasparenza, correttezza e rispetto reciproco.
La vicenda delle “Diffide Culla” rappresenta un’opportunità per riflettere sull’equilibrio delicato tra l’autonomia genitoriale, la responsabilità medica e l’interesse superiore del minore, auspicando un dialogo costruttivo tra tutte le parti coinvolte per garantire un’assistenza sanitaria pediatrica sicura, efficace e pienamente rispettosa dei diritti di tutti.
L’esito della denuncia e le successive interpretazioni giuridiche saranno determinanti per delineare i confini della tutela dei diritti genitoriali in ambito sanitario e per chiarire le responsabilità dei professionisti coinvolti.