La vicenda di Andrea Sempio, nuovamente sotto inchiesta per l’omicidio di Chiara Poggi, si fa ancora più intricata con le recenti dichiarazioni di Silvio Sapone, ex carabiniere e figura chiave nella squadra di polizia giudiziaria che operava sotto la guida del procuratore Mario Venditti, ora stesso indagato per corruzione.
L’emersione di questa nuova testimonianza, trasmessa durante la trasmissione “Dentro la Notizia” su Canale 5, proietta un’ombra di sospetto sulla gestione delle indagini iniziali e solleva interrogativi cruciali circa la possibile compromissione di dinamiche interne alla procura di Pavia.
Le accuse mosse dai pubblici ministeri bresciani dipingono uno scenario inquietante: un presunto colluso Sapone e il collega Andrea Spoto, nel 2017, avrebbero mantenuto rapporti occulti con Sempio e con i suoi familiari, preludendo alla manipolazione dell’interrogatorio.
Questa narrazione suggerisce una deliberata alterazione del processo investigativo, con la divulgazione anticipata delle domande rivolte a Sempio, al fine di agevolarne la difesa e, in definitiva, di archiviarne la posizione.
L’archiviazione, poi ripetuta, alimenta il sospetto di un’occultamento intenzionale della verità.
Sapone, nel tentativo di dissipare le accuse, ha fornito una versione contrastante, negando qualsiasi contatto significativo con Sempio e con la sua famiglia.
La sua testimonianza, sebbene apparentemente innocente, non riesce a dissipare completamente i dubbi sollevati dalle accuse dei pubblici ministeri.
Le sue dichiarazioni si riducono a sporadici incontri, “scambi di parole” in contesti di attesa, e una totale ignoranza delle intenzioni dei magistrati.
La sua negazione, pur plausibile, non esclude la possibilità di un coinvolgimento più profondo, magari indiretto, in dinamiche compromettenti.
Un altro punto cruciale riguarda la contestazione relativa alla mancata trascrizione integrale di conversazioni telefoniche tra Sempio e suo padre.
La difesa di Sapone si appella all’assenza di responsabilità diretta, sostenendo di non essere stato incaricato dell’ascolto e di aver delegato tale compito ad altri investigatori, tra i quali non figurava Spoto.
Questa circostanza, lungi dal scagionarlo completamente, evidenzia la complessità dell’indagine e la necessità di ricostruire con precisione il ruolo di ogni singolo membro della squadra di polizia giudiziaria.
L’intera vicenda si configura come un labirinto di depistaggi, omissioni e potenziali illegalità, che rischia di compromettere la credibilità dell’intero sistema giudiziario.
La testimonianza di Sapone, seppur mirata a discolparsi, apre un nuovo capitolo di indagini, sollevando interrogativi su chi abbia realmente manipolato il processo e quali interessi siano stati protetti.
La verità, ora, si cela tra le pieghe di un’indagine che si preannuncia lunga e complessa, con la necessità di far luce su un passato che rischia di oscurare il futuro della giustizia.