domenica 23 Novembre 2025

Restituiti i dispositivi a Venditti: battuta d’arresto per la Procura.

A quasi due mesi di distanza dalle prime irruzioni investigative e dai conseguenti sequestri del 26 settembre, la Procura di Brescia ha disposto la restituzione dei dispositivi informatici appartenenti all’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti.

Questi includono smartphone, computer, tablet e chiavette USB, al centro di un’indagine complessa che lo vede indagato per corruzione in atti giudiziari nell’ambito del cosiddetto filone bresciano del caso Garlasco e, separatamente, per corruzione e peculato, in riferimento a presunte irregolarità nella gestione delle risorse dell’ufficio requirente pavese.
La restituzione, avvenuta nel pomeriggio, è il risultato di un percorso giudiziario accidentato, segnato da ripetute decisioni del Riesame che hanno invalidato i decreti di sequestro emessi dai pubblici ministeri.

In tre occasioni, il Riesame ha accolto le istanze difensive, rappresentate dall’avvocato Domenico Aiello, annullando i provvedimenti cautelari, due volte per quanto concerne il filone Garlasco e una volta per le presunte anomalie nella gestione delle spese dell’ufficio requirente di Pavia.

Le decisioni del Riesame hanno imposto, inoltre, la restituzione dei dati potenzialmente estratti dai dispositivi durante le perquisizioni iniziali, sollevando interrogativi sull’effettiva portata delle indagini svolte in questi quasi sessanta giorni.
L’impossibilità per la Procura di Brescia di procedere all’analisi dei dispositivi sequestrati durante questo periodo è una conseguenza diretta delle decisioni del Riesame.
In particolare, i provvedimenti di sequestro relativi al filone Garlasco sono stati annullati perché i pubblici ministeri non avevano fornito indicazioni precise sulle “parole chiave” da utilizzare nella ricerca dei dati e non avevano definito un arco temporale specifico da esaminare.
Questa mancanza di precisione ha sollevato dubbi sulla fondatezza delle motivazioni che avevano giustificato la misura cautelare.

Parallelamente, l’indagine sul cosiddetto “sistema Pavia”, che coinvolge anche l’ex procuratore Pietro Paolo Mazza, ora trasferito a Milano, ha subito un altro colpo: il Riesame ha ritenuto insufficienti gli elementi probatori a sostegno delle accuse contestate, ordinando la restituzione dei telefoni e di altri dispositivi precedentemente sequestrati anche a suo carico.

La mancanza di indizi concreti, in questo caso, ha evidenziato la difficoltà per l’accusa di delineare un quadro accusatorio coerente.
Nonostante queste battute d’arresto, la Procura di Brescia ha espresso il suo dissenso rispetto alle decisioni del Riesame, optando per il ricorso in Cassazione.

Questa mossa strategica mira a ottenere una revisione delle decisioni e a ripristinare la possibilità di procedere con le indagini, seppur in un contesto giuridico significativamente più complesso.
Il ricorso in Cassazione rappresenta ora l’ultima speranza per l’accusa di poter far luce sulle presunte irregolarità e di raccogliere prove che possano confermare le accuse formulate nei confronti degli indagati, in un procedimento che si prospetta lungo e costellato di ostacoli procedurali.
La vicenda, inoltre, solleva interrogativi più ampi sulla gestione delle indagini complesse e sull’equilibrio tra la necessità di tutelare il diritto di difesa e l’urgenza di perseguire potenziali illeciti.

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