La decisione di disputare una partita di Serie A tra Milan e Como a Perth, in Australia, ha acceso un acceso dibattito che trascende la semplice questione sportiva, toccando temi di sostenibilità, impatto sociale e rapporto tra club, tifosi e istituzioni.
La posizione della Lega, apparentemente guidata da valutazioni di opportunità economiche, si scontra con una critica diffusa, radicata nel sentimento di marginalizzazione dei tesserati e, più in generale, della comunità calcistica italiana.
L’iniziativa, pur presentata come un evento eccezionale e potenzialmente irripetibile, solleva interrogativi profondi sul significato del calcio contemporaneo.
La globalizzazione del brand sportivo, spinta da logiche commerciali aggressive, rischia di erodere i valori fondanti della passione popolare e della condivisione emotiva.
Trasferire una partita di Serie A in un continente diverso implica un costo elevatissimo, non solo in termini economici – visti i costi di trasporto, alloggio e logistica per giocatori, staff e tifosi – ma anche in termini di impatto ambientale, con emissioni di carbonio significative.
Il Ministro per lo Sport e per i Giovani, Andrea Abodi, ha espresso giustamente la necessità di un’attenzione particolare verso i tifosi, pilastri imprescindibili dell’esperienza calcistica.
Lo spettacolo calcistico non può prescindere dal suo pubblico, dalla passione che anima gli stadi, dalla condivisione delle gioie e dei dolori di una squadra.
Trasportare una partita in Australia significa privare i tifosi italiani, e in particolare quelli delle due squadre coinvolte, della possibilità di vivere l’evento in un contesto familiare e radicato nella propria identità sportiva.
La sensazione di non essere considerati, di essere sacrificati sull’altare di un’operazione commerciale di portata globale, alimenta un profondo senso di frustrazione e di distacco.
La questione sollevata non è semplicemente quella del costo del biglietto, ma di un sistema che sembra privilegiare gli interessi di pochi a scapito della collettività.
Si richiede una maggiore sensibilità da parte delle istituzioni e dei club, una visione più ampia che tenga conto non solo del profitto, ma anche del benessere sociale e della salvaguardia dei valori che rendono il calcio un patrimonio culturale nazionale.
È auspicabile un dialogo costruttivo tra tutte le parti coinvolte, al fine di trovare soluzioni che concilino le opportunità offerte dalla globalizzazione con la tutela della passione popolare e il rispetto per i tifosi, veri custodi della tradizione calcistica italiana.
L’evento in Australia, dunque, dovrebbe rappresentare un’occasione per riflettere profondamente sul futuro del calcio e sul suo ruolo nella società contemporanea.



