Camera d’Amore e Psiche: Rinasce un capolavoro a Palazzo Te

Il soffitto della Camera di Amore e Psiche a Palazzo Te, capolavoro affrescato da Giulio Romano e dalla sua bottega tra il 1526 e il 1528, celebra la celebre favola di Apuleio con una potenza visiva che trascende la semplice narrazione.

Recentemente, un intervento di restauro conservativo, promosso dalla Fondazione Palazzo Te e sostenuto dalla Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus, ha restituito all’opera la sua vibrante luminosità e ha consolidato la sua fragilità, sancendo un momento cruciale nel programma del Cinquecentenario del palazzo.
Questo restauro non è un mero atto di manutenzione, ma un’operazione complessa che si inserisce in un progetto più ampio di conservazione programmata e di rafforzamento delle collaborazioni istituzionali.

Il direttore del Palazzo Te, Stefano Baia Curioni, ha sottolineato come l’iniziativa rappresenti un modello virtuoso di partnership pubblico-privato, un elemento imprescindibile per la salvaguardia del patrimonio culturale italiano, spesso minacciato dalla fragilità economica e dalla complessità burocratica.

Il ringraziamento espresso a tutti i soggetti coinvolti, dalla Fondazione Sacchetti, con Diamara Parodi Delfino, alle istituzioni pubbliche come il Comune di Mantova e la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio, evidenzia la necessità di un impegno corale per la tutela del nostro inestimabile retaggio artistico.
L’intervento si è concentrato su un’analisi approfondita e un trattamento mirato dei diversi strati che compongono il soffitto: la struttura lignea, le complesse pitture a fresco e gli elaborati stucchi.

L’obiettivo primario è stato quello di garantire la stabilità strutturale e la longevità dell’opera, non solo nel breve, ma anche nel lungo periodo, mitigando i danni causati dal tempo, dall’inquinamento e dalle variazioni microclimatiche.

La pulitura delle superfici, eseguita con tecniche all’avanguardia, ha permesso di rimuovere depositi superficiali, restituendo la profondità cromatica e la vivacità espressiva originaria, offrendo al visitatore un’esperienza visiva più autentica e coinvolgente.

Il lavoro, guidato da Marica Negri e Isotta Lorenzini, si è avvalso anche di una campagna di indagini multispettrali, condotta da Vincenzo Gheroldi e Sara Marazzani, che ha consentito di ricostruire le successive fasi di intervento e di comprendere meglio le scelte compositive e tecniche di Giulio Romano.

Queste indagini, integrate con documentazione storica e analisi scientifiche, hanno fornito una base solida per il restauro, minimizzando l’impatto sulle integrità dell’opera e massimizzando i risultati.
Giovanna Zanuso, presidente della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti, ha espresso il suo personale coinvolgimento in questo progetto, auspicando che esso rappresenti non solo un traguardo raggiunto, ma anche una porta aperta verso nuove ricerche e scoperte, invitando il pubblico a contemplare la bellezza ritrovata di questa straordinaria testimonianza del Rinascimento italiano.
Il restauro è dunque un atto di amore verso il passato e un investimento nel futuro, un invito a preservare e a condividere la ricchezza del nostro patrimonio culturale.

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