Il Festival della Fotografia Etica di Lodi, sedicesima edizione, si appresta a spalancare le sue porte al mondo, offrendo un’immersione potente e imprescindibile nelle complesse narrazioni del nostro tempo.
L’immagine simbolo che introduce il festival è un grido silenzioso: una donna di Gaza stringe tra le braccia il corpo esanime del suo bambino, un’immagine che, per quanto angosciante, si fa specchio di una realtà drammatica troppo spesso anestetizzata dalla sovrabbondanza di stimoli visivi.
Alberto Prina, direttore artistico, sottolinea la necessità di questo confronto diretto con la sofferenza, un atto di responsabilità verso un pubblico abituato a una rappresentazione mediata della violenza.
La voce narrante del Festival risuona attraverso le opere di Loay Ayyoub, fotogiornalista palestinese impossibilitato a lasciare il suo paese, il cui lavoro, “The Tragedy of Gaza”, offre un frammento toccante di un conflitto senza fine.
Accanto a questo, lo sguardo di Diego Fedele illumina le ferite aperte della guerra in Ucraina, raccontando un capitolo cruciale con crudezza e realismo.
La ricchezza del Festival si manifesta nella pluralità delle sue mostre: oltre venti spazi espositivi ospiteranno quasi 150 fotografi provenienti da 40 paesi, per un totale di quasi mille immagini.
Non si tratta solo di una celebrazione del linguaggio fotografico, ma di un’occasione per un dialogo collettivo, un confronto che mira a scuotere le coscienze e a generare empatia.
Il Festival, infatti, si propone come piattaforma per dare voce a temi sociali spesso marginalizzati, creando ponti tra culture diverse e promuovendo una riflessione profonda su diritti umani, dignità, ambiente e memoria.
Un focus significativo dell’edizione 2024 è dedicato al passato doloroso della Jugoslavia, con una mostra inedita che ripercorre il genocidio di Srebrenica a trent’anni di distanza.
Questa iniziativa, realizzata in collaborazione con la Fondazione VII, vuole stabilire un ponte tra le tragedie del passato e le guerre contemporanee, offrendo una prospettiva storica più ampia e complessa.
Il cuore pulsante del Festival è il World Report Award – Documenting Humanity, un riconoscimento che celebra la capacità della fotografia di testimoniare la condizione umana.
Federico Ríos si distingue con “Paths of Desperate Hope”, un reportage toccante che segue il percorso disperato di migranti che attraversano il Darién per raggiungere gli Stati Uniti.
Particolarmente significativa è l’opera di Cinzia Canneri, “Women’s Bodies as Battlefields”, che denuncia le violenze subite dalle donne eritree e tigrine, coinvolte in conflitti e perseguitazioni.
Il Festival non si limita a presentare immagini potenti; offre un’esperienza comunitaria unica.
Alberto Prina invita a non cercare i grandi nomi del fotogiornalismo, ma a scoprire il lavoro di fotografi emergenti e talentuosi che raccontano la realtà con onestà e coraggio.
La presenza di fotografi internazionali, disposti a dialogare con il pubblico, arricchisce ulteriormente l’offerta formativa.
Inoltre, Lodi ospita l’unica tappa lombarda del World Press Photo, un evento di rilevanza mondiale che, da quasi settant’anni, documenta il mondo attraverso la fotografia.
Questa mostra itinerante, con i suoi oltre 150 scatti provenienti da ogni continente, testimonia la potenza del linguaggio visivo come strumento di informazione e sensibilizzazione.
Il Festival della Fotografia Etica di Lodi, dunque, si conferma un appuntamento imprescindibile per chiunque desideri comprendere il mondo che ci circonda, confrontarsi con le sue contraddizioni e farsi portatore di un futuro più giusto e umano.