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lunedì 17 Novembre 2025

Venditti, caso Sempio: scontro tra Procura e difesa, a rischio processo?

La vicenda che coinvolge Mario Venditti, ex procuratore aggiunto di Pavia e ora sotto accusa per presunta corruzione legata all’archiviazione del caso Sempio – figura centrale nell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi – sta generando tensioni procedurali e solleva interrogativi cruciali sulla trasparenza e la correttezza del processo penale.

La recente escalation dialettica tra la Procura di Brescia e l’avvocato difensore di Venditti, con accuse reciproche di comportamenti scorretti, rischia di compromettere la serenità dell’istruttoria e l’imparzialità del giudizio.
Il cuore della disputa ruota attorno alla presunta violazione, da parte dei magistrati inquirenti, del principio di continenza e del dovere di silenzio che impone ai pubblici ministeri durante le fasi cruciali di un’indagine, in particolare durante le discussioni in sede di Riesame.

L’avvocato difensore, con toni veementi, ha contestato l’assenza dei pubblici ministeri all’udienza del Riesame, interpretandola come un segnale di “farisaicità” e di ammissione implicita della fragilità dell’impianto accusatorio.

La risposta congiunta dei procuratori generali Guido Rispoli e Francesco Prete ha ribadito con fermezza l’importanza del riserbo professionale, sancito da norme deontologiche e finalizzato a tutelare la presunzione di non colpevolezza dell’indagato.

Questa regola, considerano i magistrati, non è un mero adempimento formale, ma un pilastro del sistema giudiziario, essenziale per garantire un processo equo e imparziale.
L’episodio solleva una questione più ampia: il delicato equilibrio tra il diritto alla difesa, l’obbligo di trasparenza verso l’opinione pubblica e l’imperativo di mantenere la riservatezza delle indagini.

Il caso Garlasco, intrinsecamente complesso e drammaticamente mediatico, ha acuito la pressione sui protagonisti, rendendo più arduo il rispetto delle regole procedurali e la garanzia di un contraddittorio leale.
La vicenda ci invita a riflettere sulla necessità di una maggiore consapevolezza del ruolo e dei limiti di ciascuna figura processuale.

Non solo i magistrati, ma anche gli avvocati e i mezzi di comunicazione, devono operare con responsabilità, evitando toni polemici e generalizzazioni che possono pregiudicare l’immagine della giustizia e influenzare il giudizio dell’opinione pubblica.
Il rispetto reciproco, la continenza e la dedizione alla ricerca della verità sono i valori imprescindibili per assicurare che la giustizia sia percepita come equa e imparziale, anche nei casi più controversi e dolorosi.

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