venerdì 17 Ottobre 2025
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Piemonte

Crisi siderurgica: l’Italia chiede risposte, tra Taranto e Novi Ligure

La crisi siderurgica italiana, e in particolare la vertiginosa situazione degli ex stabilimenti Ilva, si manifesta con ondate di mobilitazione che superano i confini di Taranto, come testimonia il recente presidio a Novi Ligure, nell’Alessandrino.

L’assemblea, nata come protesta davanti alla sede operativa in strada Bosco Marengo, si è tradotta in un corteo vibrante, un grido d’allarme diretto alle istituzioni governative per ottenere risposte chiare e concrete su un futuro incerto.

La richiesta è unanime: non più proroghe, non più promesse vaghe.
Maestranze, sindacati e comunità locali invocano con urgenza una soluzione strutturale che salvaguardi non solo i posti di lavoro, ma l’intera filiera siderurgica nazionale, un patrimonio industriale e strategico per il Paese.
L’auspicio non è un’amara accettazione della cassa integrazione, misura che rappresenta una condanna alla precarietà e alla perdita di competenze, ma il desiderio di riprendere in mano il proprio futuro attraverso il lavoro dignitoso e la valorizzazione del know-how accumulato.

Le voci dei segretari sindacali, Luigi Tona (Fim Cisl), Maurizio Cantello (Fiom Cgil) e Alberto Pastorello (Uilm), delineano un quadro complesso, dove la difesa dell’intero Gruppo Ilva si intreccia con la necessità di un intervento statale deciso.
Il progetto, precedentemente presentato dal Ministro Urso e condiviso con le parti sociali, prevedeva il riavvio di quattro altiforni – tre a Taranto e uno a Genova – un piano ambizioso che oggi appare più un miraggio che una prospettiva concreta.
La necessità di “coraggio” invocata dai sindacati non si traduce in un atto di fede cieco, ma in una richiesta di responsabilità politica e di visione strategica, per evitare un declino irreversibile del settore.

Il sindaco Rocchino Muliere, presente alla mobilitazione, esprime l’angoscia di un’intera comunità, consapevole che la sopravvivenza di 550 lavoratori è intrinsecamente legata alla salute economica del territorio.
La produzione di acciaio non è solo una questione industriale, ma una condizione essenziale per l’autonomia nazionale, un baluardo contro la dipendenza da fornitori esterni e la vulnerabilità geopolitica.
L’interruzione della produzione siderurgica in Italia significherebbe non solo la perdita di posti di lavoro, ma la compromissione del futuro industriale del Paese, con conseguenze potenzialmente devastanti per l’economia e la società.
La mobilitazione di Novi Ligure si configura, quindi, come un segnale forte, un monito per il governo e le istituzioni, affinché si assumano la responsabilità di tutelare un settore cruciale per il futuro dell’Italia.

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