L’inchiesta che coinvolge la cooperativa sociale “Per Mano” di Cuneo ha aperto un drammatico sipario su un ambiente di presunta illegalità e abuso, sollevando interrogativi profondi sulla gestione di strutture dedicate all’assistenza di persone vulnerabili.
L’azione legale, attualmente in corso, ipotizza una complessa rete di reati, tra cui maltrattamenti, violenza privata e sequestro di persona, configurando un quadro di presunta sistematizzazione degli abusi e di lesione della dignità umana.
L’arresto della direttrice, Emanuela Bernardis, e della coordinatrice, Marilena Cescon, rappresenta un punto di svolta nell’indagine, e si aggiunge ad un ampio ventaglio di misure cautelari che coinvolgono un totale di ventuno persone, tra arresti domiciliari, divieti di avvicinamento e libertà vigilata.
La gravità della situazione è ulteriormente accentuata dal racconto del Colonnello Marco Piras, Comandante Provinciale dei Carabinieri, che ha definito le registrazioni in possesso degli inquirenti come “aberranti”, suggerendo un livello di soprusi e sofferenze inaudito.
Le accuse si fondano su un quadro di presunto sfruttamento e controllo psicologico esercitato sugli ospiti della cooperativa, persone che, per loro condizione, si trovavano in una posizione di particolare debolezza e dipendenza.
Il procuratore capo Onelio Dodero ha sottolineato come gli ospiti versassero in “condizioni psicofisiche di assoluto disagio”, evidenziando le conseguenze devastanti di un ambiente percepito come privo di sicurezza e rispetto.
L’indagine non si limita alla mera accertamento dei singoli episodi di maltrattamento, ma mira a ricostruire l’intera struttura operativa della cooperativa, cercando di identificare le responsabilità a diversi livelli e di comprendere come un simile sistema di abusi sia potuto svilupparsi e protrarsi nel tempo.
Le implicazioni etiche e sociali di questa vicenda sono enormi, e sollevano interrogativi urgenti sulla necessità di rafforzare i controlli e i meccanismi di tutela dei diritti delle persone fragili, nonché di promuovere una cultura della responsabilità e del rispetto all’interno delle organizzazioni che operano nel settore dell’assistenza sociale.
La vicenda “Per Mano” si configura come un campanello d’allarme, un monito a non abbassare mai la guardia nella difesa della dignità umana e nella garanzia di un’assistenza dignitosa e rispettosa per chi ne ha più bisogno.







