L’inchiesta “Phishing Network”, orchestrata dalla Procura di Napoli, ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio di un vasto gruppo di 84 individui, prevalentemente campani, accusati di aver tessuto una sofisticata rete criminale specializzata in frodi informatiche su scala nazionale.
Le attività illecite, protrattesi dall’inizio del 2019, hanno generato un profitto superiore a un milione di euro, di cui una parte consistente, stimata in circa 650.000, è stata oggetto di operazioni di riciclaggio.
A risentirne sono state 319 vittime, dislocate in diverse regioni d’Italia, testimonianza della pervasività dell’organizzazione.
Le accuse formulate nei confronti degli indagati spaziano dal concorso in frode informatica all’accesso abusivo di sistemi informatici, passando per il riciclaggio di denaro sporco e la sostituzione di identità.
L’indagine, originariamente innescata nel 2020 a seguito di una denuncia proveniente dal Verbano-Cusio-Ossola, dove un residente aveva subito una sottrazione di 45.000 euro, si è sviluppata attraverso un’informativa investigativa di notevole complessità, che si estende per oltre mille pagine e rivela la meticolosa pianificazione e l’elevata specializzazione del gruppo.
Il modus operandi, come ricostruito dagli inquirenti, rivela una struttura gerarchica e una divisione del lavoro estremamente precisa.
Non si trattava di una semplice aggregazione di truffatori occasionali, bensì di un’organizzazione criminale con competenze specifiche.
Figure chiave includevano esperti informatici incaricati della creazione di siti web “clone”, repliche quasi identiche a quelli di istituti bancari legittimi, progettati per ingannare le vittime.
Altri membri della rete si dedicavano all’accesso non autorizzato a sistemi informatici sensibili, mentre un ulteriore gruppo si occupava del reclutamento di potenziali vittime e della gestione delle carte pre-pagate utilizzate per riciclare i fondi illeciti.
Le tecniche impiegate, caratterizzate da elevata sofisticazione, si basavano principalmente su tecniche di phishing e spoofing. Attraverso l’invio massiccio di messaggi SMS fraudolenti, abilmente camuffati per sembrare comunicazioni ufficiali di banche, i truffatori indirizzavano le vittime a siti web fasulli.
Una volta che le vittime, ingannate, inserivano le proprie credenziali di accesso, i criminali ne acquisivano il controllo, potendo effettuare bonifici istantanei verso carte prepagate intestate a complici.
Questi ultimi, operando in prossimità di sportelli automatici, si occupavano di trasferire rapidamente il denaro su conti bancari all’estero o su società di comodo, rendendo più difficoltosa la tracciabilità dei fondi.
L’inchiesta evidenzia come la combinazione di competenze tecniche avanzate, una struttura organizzativa ben definita e l’utilizzo di tecniche di inganno sempre più raffinate rappresenti una sfida significativa per le forze dell’ordine nella lotta contro la criminalità informatica.