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domenica 2 Novembre 2025

Crisi del riso italiano: crollo dei prezzi e importazioni killer

La crisi che affligge il settore risicolo italiano non è una semplice fluttuazione di mercato, ma una profonda erosione della sostenibilità produttiva, alimentata da dinamiche import-export complesse e da un quadro normativo europeo che appare inadeguato a proteggere la qualità e le specificità del prodotto nazionale.
Il crollo dei prezzi, drasticamente ridotti a livelli che spesso si collocano al di sotto dei costi di produzione, sta mettendo a dura prova l’esistenza stessa di numerose aziende agricole, custodi di un patrimonio agronomico e culturale inestimabile.
Le cifre parlano chiaro: varietà pregiate come il Carnaroli e l’Arborio, simboli dell’eccellenza agroalimentare italiana, vedono i loro valori contrarsi in maniera allarmante, passando da una quotazione di circa un euro al chilogrammo a un misero 60-70 centesimi.
Un crollo che, pur in presenza di una produzione sostanzialmente in linea con l’anno precedente, è direttamente riconducibile all’impennata delle importazioni da paesi terzi.
Secondo le analisi di Coldiretti, nei primi sette mesi del 2025, l’afflusso di riso straniero è aumentato del 10%, raggiungendo un volume complessivo di oltre 208 milioni di chili.
Questa ondata di importazioni, lungi dall’essere un fenomeno marginale, contribuisce a saturare il mercato interno, deprimendo i prezzi e penalizzando i produttori italiani.
Un fattore aggravante è rappresentato dal regime tariffario agevolato che, per il 60% del riso importato, riduce ulteriormente il costo del prodotto straniero, creando una concorrenza distorta e insostenibile.
La situazione è resa ancora più precaria dalle incertezze legate ai negoziati in corso per la revisione del Regolamento sul Sistema delle Preferenze Generalizzate (Spg).
L’introduzione di una potenziale clausola di salvaguardia, sebbene teoricamente automatica, rischia di rivelarsi inefficace, lasciando il riso europeo esposto alla pressione dei paesi esportatori che beneficiano di condizioni commerciali vantaggiose.
L’automatismo, se non accompagnato da una reale volontà politica di tutelare le produzioni locali, rischia di essere una mera facciata, incapace di contrastare gli effetti destabilizzanti della globalizzazione indiscriminata.

È necessario un cambio di paradigma, che vada oltre le semplici misure correttive e che miri a promuovere una filiera del riso italiana più resiliente e competitiva.

Ciò implica un rafforzamento del marchio “Made in Italy”, un sostegno alla ricerca e all’innovazione per valorizzare le qualità organolettiche e nutrizionali del riso nazionale, e un impegno concreto da parte delle istituzioni europee per garantire una concorrenza leale e sostenibile, che tenga conto delle specificità dei territori e delle tradizioni agricole locali.

La tutela del riso italiano non è solo una questione economica, ma anche una questione di identità culturale e di salvaguardia di un patrimonio agroalimentare che appartiene a tutti noi.

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