30 ottobre 2024 – 16:45
La riforma Bernini per l’università ci condanna ancora di più al precariato, suscitando una profonda indignazione tra gli studenti e i ricercatori. La voce di Alessandro Brizzi, dottore di ricerca, si leva a difesa dell’Assemblea dei precari in Università, un gruppo determinato composto da dottorandi, ricercatori e assegnisti che combattono contro le misure introdotte dal governo. Questo malcontento si unisce alle proteste del mondo della scuola, che ha annunciato uno sciopero generale indetto dall’Unione sindacale di base. A Torino, diverse organizzazioni sindacali come Flc Cgil e Cub hanno aderito all’iniziativa, radunandosi davanti alla sede dell’Ufficio scolastico regionale per manifestare il loro dissenso.Il cuore della contestazione verte sulla diminuzione dei finanziamenti e delle risorse destinate all’istruzione da parte del governo. Una politica che contraddice le promesse fatte e riflette un evidente disinvestimento nell’ambito educativo, a partire dai bassi salari degli operatori del settore. Tra i vari temi sollevati emerge la questione dei redditi degli insegnanti, i cui aumenti non riescono a coprire neanche un terzo dell’inflazione attuale.Inoltre, preoccupa la prospettiva di tagli agli organici del personale docente e ATA come conseguenza diretta della diminuzione degli studenti dovuta alla denatalità. Invece di ridurre il numero degli alunni per classe, si procede con una riduzione degli insegnanti disponibili.Anche il codice di comportamento dei dipendenti pubblici e le sanzioni più rigide imposte ai lavoratori della scuola destano apprensione. Il caso dello scrittoredocente Christian Raimo rappresenta un esempio emblematico delle restrizioni alla libertà di espressione nel contesto educativo.L’Assemblea dei precari universitari si prepara a riunirsi domani per discutere ulteriormente sulle azioni da intraprendere contro la riforma Bernini e i tagli ai fondi destinati alle università. L’introduzione di nuove figure professionali intermedie tra il dottorato e i ricercatori stabili viene vista come un ulteriore passo verso la precarizzazione del settore accademico. Per Brizzi e molti altri precari, questa politica rischia di perpetuare un ciclo infinito di instabilità lavorativa e incertezza per il futuro della ricerca scientifica in Italia.