L’aggressione subita dal giornalista Sigfrido Ranucci costituisce un atto di gravissima allarme, un’aberrazione che grida vendetta non solo nei confronti della vittima e dei suoi cari, ma contro l’intera comunità democratica.
Le reazioni istituzionali, espresse dal Ministro dell’Interno, Piantedosi, si pongono a difesa di un principio inviolabile: la libertà di stampa, pilastro essenziale per il corretto funzionamento di una società che aspira a essere giusta e trasparente.
È necessario contestualizzare questo episodio all’interno di un quadro più ampio e preoccupante.
I dati ufficiali rivelano una persistente, seppur variabile, escalation di violenze e intimidazioni nei confronti dei professionisti dell’informazione.
Nel quinquennio 2020-2024, sono stati documentati 718 episodi di questo genere, una media annuale di circa 143.
La flessione osservata nell’anno corrente, rispetto al picco drammatico del 2021 (232 eventi), non deve indurre in errore o lenire la gravità della situazione.
Piuttosto, dovrebbe stimolare una riflessione approfondita sulle cause profonde che alimentano questi fenomeni e sulle strategie più efficaci per contrastarli.
L’uso strumentale di un evento così riprovevole per attribuire responsabilità politiche, come lamentato dal Ministro, tradisce un senso distorto dello Stato e una profonda mancanza di rispetto verso le istituzioni e la verità.
Tuttavia, l’analisi dei dati storici solleva interrogativi legittimi: le politiche di prevenzione e protezione adottate in passato, quando il Governo attuale non era in carica, hanno effettivamente contribuito a garantire la sicurezza dei giornalisti? È cruciale un’indagine indipendente e trasparente per accertare le responsabilità e individuare le lacune esistenti.
Oltre alla repressione penale, l’azione del Governo deve orientarsi verso misure di protezione più strutturate e mirate.
È imperativo rafforzare la collaborazione tra le forze dell’ordine, la magistratura e gli organi di rappresentanza dei giornalisti.
Inoltre, è fondamentale promuovere una cultura della responsabilità e del rispetto nei confronti dei professionisti dell’informazione, attraverso campagne di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza e all’educazione civica nelle scuole.
L’aggressione a Ranucci non è solo un attacco alla sua persona, ma un attacco al diritto del pubblico di essere informato in maniera libera e indipendente.
È un campanello d’allarme che ci impone di agire con determinazione e lungimiranza, per tutelare la libertà di stampa e garantire un futuro in cui il giornalismo possa continuare a svolgere il suo ruolo essenziale di sentinella della democrazia.
La solidarietà espressa dal Governo è un primo passo, ma richiede un impegno concreto e duraturo per eradicare questa piaga che mina le fondamenta della nostra convivenza civile.
La libertà di stampa è la libertà di tutti.