Nel cuore pulsante dell’Esquilino, dietro la facciata anonima di un condominio romano, si è celata una realtà drammatica: un beb clandestino, trasformato in un agglomerato abitativo di fortuna, un microcosmo di precarietà e sfruttamento.
La segnalazione dei residenti, allarmati da un’attività sospetta, rumori incessanti e un persistente odore di sovraffollamento, ha dato il via a un’ispezione congiunta della divisione amministrativa della questura e del commissariato Esquilino.
Ciò che gli agenti hanno scoperto non era semplicemente un’irregolarità edilizia, ma una violazione sistematica dei diritti umani e un pericoloso cortocircuito nelle maglie della sicurezza urbana.
L’appartamento, concepito per ospitare un numero di persone ben inferiore, era stato ridotto a un guscio abitativo precario.
Sedici persone di origine bengalese vivevano stipate in tre stanze, condividendo un unico bagno, in condizioni di vita che rasentano l’inaccettabile.
I letti, improvvisati e disposti in modo caotico, testimoniavano l’urgenza e la mancanza di pianificazione di questa soluzione abitativa d’emergenza.
La situazione era aggravata da impianti elettrici manipolati in maniera amatoriale, con fili scoperti e prese fissate con nastro adesivo, creando un rischio costante di incendi.
L’aria, densa di umidità e impregnata di muffa, si mescolava a calcinacci e materiali infiammabili, compromettendo gravemente la salubrità dell’ambiente.
L’assenza di qualsiasi permesso edilizio o comunicazione alle autorità sanitarie competenti rendeva l’intera operazione non solo illegale, ma anche pericolosa per gli occupanti e per l’intera comunità.
L’attività, gestita in forma di locazione informale, offriva sistemazioni a prezzi variabili tra i 70 euro mensili e i 10 euro giornalieri, sfruttando la vulnerabilità di migranti in cerca di un alloggio dignitoso in una città costosa come Roma.
Un uomo esterno, privo di licenza e di qualsiasi controllo igienico-sanitario, si occupava della preparazione dei pasti, perpetuando un circolo di illegalità e rischi per la salute pubblica.
Le indagini successive hanno rivelato una rete di complicità e un sistema di sfruttamento che solleva interrogativi più ampi sulla gestione dei flussi migratori, sull’applicazione delle normative edilizie e sulla tutela dei diritti dei lavoratori.
Il sequestro preventivo dell’immobile e la denuncia dei tre proprietari, tutti di origine bengalese, rappresentano un primo passo per contrastare questo fenomeno, ma è necessario un impegno strutturale per affrontare le cause profonde che lo alimentano.
La convalida del provvedimento cautelare da parte dell’autorità giudiziaria testimonia la gravità della situazione e l’urgenza di garantire un accoglimento dignitoso e sicuro per i migranti, nel rispetto delle leggi e dei diritti umani.
L’episodio evidenzia la necessità di rafforzare i controlli, promuovere la legalità e sensibilizzare la cittadinanza sui rischi connessi all’abusivismo edilizio e allo sfruttamento del lavoro, soprattutto in contesti urbani complessi e multiculturali come quello dell’Esquilino.








