Un tragico epilogo si è consumato alle porte di Roma, a Castel Gandolfo, dove un banale alterco in un locale notturno ha sfociato in un deliberato atto di aggressione fisica, sollevando un’indagine complessa e rivelatrice di dinamiche sociali problematiche.
I Carabinieri della Compagnia locale, supportati dal Nucleo Operativo e Radiomobile, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di tre individui – due uomini di vent’anni e ventidue anni, e una donna ventenne – gravemente indiziati di tentato omicidio premeditato e calunnia.
In stato di libertà è risultata indagata anche una madre, la quale, stando agli accertamenti, avrebbe contribuito a orchestrate una falsa accusa nei confronti delle vittime.
L’indagine, protrattasi tra settembre e ottobre, ha scardinato un primo scenario apparentemente riconducibile a un incidente stradale con fuga e omissione di soccorso.
Un’analisi approfondita, integrata dall’impiego di tecniche investigative tradizionali e intercettazioni telefoniche e ambientali, ha permesso di ricostruire una realtà ben più inquietante: l’investimento dei due giovani, di ventitré e diciassette anni, non fu casuale, bensì il culmine di una escalation di violenza scaturita da un precedente conflitto all’interno di un locale sul lungolago.
La premeditazione dell’azione, emerge dagli atti, risiedeva nella volontà di punire i due giovani, percepiti come antagonisti in un contesto di rivalità ancora in fase di chiarimento.
Fortunatamente, solo una serie di circostanze fortuite impedirono che le lesioni riportate dalle vittime fossero di gravità superiore.
La successiva denuncia sporta dai presunti responsabili, un atto di accusa volta a ribaltare le responsabilità e a dipingere le vittime come aggressori, si è rivelata una manovra deliberata, una retorica della vittimizzazione funzionale a eludere la giustizia.
Questo caso, al di là della gravità dei reati contestati, solleva interrogativi importanti sulle relazioni interpersonali, sulla gestione della rabbia e sulla fragilità dei legami sociali.
L’intervento della madre, con il suo presunto coinvolgimento nella calunnia, introduce una dimensione ulteriore, evidenziando come le dinamiche familiari possano, in alcuni casi, distorcere il senso della legalità e promuovere comportamenti devianti.
La custodia cautelare disposta nei confronti degli uomini, in carcere a Velletri, e degli arresti domiciliari imposti alla donna, rappresenta un atto necessario per garantire la sicurezza pubblica e per preservare l’integrità dell’indagine.
L’auspicio è che questo tragico episodio possa stimolare una riflessione più ampia sulla prevenzione della violenza e sulla promozione di una cultura del rispetto e della legalità.







