In una zona periferica di Roma, lungo viale Palmiro Togliatti, è stata smascherata una complessa operazione illegale: una clinica di chirurgia estetica abusiva, un’ombra nel tessuto urbano che offriva interventi invasivi a una clientela specifica, prevalentemente di nazionalità cinese.
La scoperta, frutto di un’indagine scrupolosa avviata dalla divisione amministrativa della questura, ha portato alla luce una realtà sconcertante, un sistema di illegalità organizzata che ha messo a rischio la salute e la sicurezza di numerose persone.
L’indagine prende avvio da un annuncio online, apparso nel giugno precedente, che proponeva una vasta gamma di procedure chirurgiche estetiche, tra cui mastoplastiche, liposuzioni e addominoplastiche, a prezzi esorbitanti e con la promessa di un servizio “chiavi in mano” che includeva anche il trasporto dei pazienti.
La natura stessa dell’offerta, con cifre elevate e interventi complessi proposti, destò immediatamente i sospetti degli agenti, che decisero di approfondire la situazione.
Le verifiche successive rivelarono una serie di irregolarità gravissime: la clinica operava in locali non autorizzati dalla Regione Lazio, priva di tutte le certificazioni sanitarie necessarie.
Nonostante fosse formalmente abilitata solo per interventi minori, all’interno si svolgevano operazioni di chirurgia maggiore, che richiedono anestesia totale e standard di sicurezza drasticamente più elevati.
Si trattava di una violazione palese della normativa vigente, che metteva a repentaglio la vita dei pazienti.
L’irruzione degli agenti, in concomitanza con un intervento programmato, ha permesso di documentare l’effettiva configurazione della struttura, trasformata in una vera e propria sala operatoria.
Ferri chirurgici, macchinari per l’anestesia, bombole di ossigeno e medicinali erano pronti all’uso, testimoniando la regolarità con cui l’attività veniva svolta.
Nella sala d’attesa, una paziente cinese era in procinto di sottoporsi a un addominoplastica, per la quale aveva già versato 6.500 euro.
La donna, risultata in situazione di irregolarità sul territorio nazionale, è stata destinataria di un ordine di allontanamento dall’Italia, disposto dal questore.
Le indagini hanno stabilito che l’attività illegale era in corso da almeno sei mesi, con una frequenza preoccupante di interventi a rischio.
La struttura non solo mancava di autorizzazioni, ma operava in condizioni di sicurezza completamente inadeguate, esponendo i pazienti a rischi elevatissimi, potenzialmente fatali.
L’assenza di personale qualificato, di protocolli di sicurezza e di controlli sanitari rendeva l’intera operazione un vero e proprio “gioco” con la vita delle persone.
Il provvedimento di sequestro, convalidato dall’autorità giudiziaria, ha interessato l’intera struttura, le attrezzature mediche e i farmaci presenti.
Questa scoperta solleva interrogativi profondi sulla gestione della sanità privata, sul controllo degli accessi al territorio e sulla vulnerabilità di determinate comunità immigrate, spesso oggetto di sfruttamento da parte di organizzazioni criminali pronte a lucrare sulla loro disperazione e il desiderio di migliorare il proprio aspetto fisico.
L’episodio evidenzia la necessità di rafforzare i controlli e di promuovere una maggiore consapevolezza sui rischi connessi alla ricerca di soluzioni estetiche in contesti non autorizzati e poco trasparenti.








