La Regione Lazio, con una decisione controversa e profondamente problematica, ha stanziato 600.000 euro per finanziare interventi mirati al controllo della popolazione di animali domestici fuggiti o abbandonati, fenomeno noto come “rinaselvatichimento”.
Questa misura, che comprende cavalli, capre, maiali, bovini e potenzialmente anche cani randagi, solleva interrogativi etici e legali di notevole portata.
L’allocazione di fondi per contenere questi animali, nella pratica, si traduce nella possibilità di ricorrere all’eutanasia, una prospettiva che suscita forte preoccupazione in ambito animalista e non solo.
L’iniziativa, lungi dal rappresentare un’azione isolata, si inserisce in un contesto più ampio di insufficiente tutela della fauna selvatica e degli animali in generale.
L’attuale legislazione sulla caccia, pur tentando di disciplinare alcune attività, appare inadeguata ad affrontare le complessità legate alla gestione della fauna rinselvatichita.
L’assenza di politiche regionali mirate al recupero e alla riabilitazione di animali feriti aggrava ulteriormente la situazione, relegando questi esseri viventi a un ruolo marginale e spesso pericoloso.
La decisione della Regione Lazio non solo appare moralmente discutibile, ma presenta anche possibili incongruenze rispetto alla normativa nazionale.
Le deputate del Partito Democratico Eleonora Evi e Patrizia Prestipino, in una dichiarazione congiunta, esprimono forti riserve, evidenziando come la misura in questione potrebbe violare la legge quadro n. 157 del 1992, che disciplina la tutela degli animali, e l’articolo 9 della Costituzione italiana, che garantisce il diritto alla salute e al benessere degli animali.
Per questo motivo, le parlamentari hanno annunciato l’intenzione di presentare un’interrogazione al governo per richiedere chiarimenti e accertamenti sulla legittimità e l’opportunità di tale provvedimento.
Patrizia Prestipino, deputata del PD e Garante degli animali di Roma Capitale, sottolinea con forza il paradosso della situazione: mentre le associazioni di categoria e i cittadini sollecitano l’attivazione di un servizio di recupero della fauna selvatica a Roma, la Regione Lazio incentiva, di fatto, la loro eliminazione.
Questa contraddizione evidenzia una profonda discrasia tra le aspettative della comunità e le azioni delle istituzioni, generando un senso di frustrazione e di ingiustizia.
La questione non si limita a una mera impopolare decisione amministrativa, ma tocca temi fondamentali come la responsabilità verso il patrimonio naturale, il rispetto della vita animale e la coerenza con i principi costituzionali.
La necessità di una revisione urgente delle politiche regionali in materia di tutela degli animali e della fauna selvatica appare quindi imprescindibile.








