L’imminente Giornata Mondiale dei Poveri, celebrata con un pranzo nell’Aula Paolo VI, si configura come un momento di profonda simbologia e di rinnovato impegno pastorale.
La presenza di circa cinquanta persone transgender, accompagnate dal prezioso lavoro di don Andrea Conocchia e suor Genevieve Jeanningros, rappresenta un atto di accoglienza che affonda le sue radici nell’eredità di Papa Francesco, e che Papa Leone XIII conferma e rafforza con la sua presenza.
Questo gesto non si esaurisce in un semplice atto di cortesia, ma si inserisce in un contesto più ampio di riflessione teologica e di attenta considerazione delle periferie esistenziali della società contemporanea.
L’attenzione rivolta alla comunità Lgbt+, e in particolare alle persone trans, testimonia un desiderio di superare pregiudizi e discriminazioni, aprendo uno spazio di dialogo e di umanità.
Don Andrea Conocchia, parroco di Torvaianica, esprime un profondo apprezzamento per questa opportunità di incontro, sottolineando come si tratti di un “gran bel segno di attenzione e di vicinanza”.
Questa vicinanza non è meramente assistenziale, ma implica una comprensione profonda delle sfide che le persone trans affrontano quotidianamente: difficoltà nell’accesso ai servizi, discriminazione sul lavoro, problemi di salute mentale, e spesso, un profondo senso di solitudine e di emarginazione.
L’incontro offre un’occasione per riflettere sul concetto stesso di povertà, estendendone il significato oltre la mera condizione materiale.
La povertà può essere spirituale, sociale, emotiva, e si manifesta quando una persona si sente esclusa, invisibile, negata nella sua identità e nei suoi diritti.
L’accoglienza delle persone trans, pertanto, diventa un atto di giustizia sociale e di riconoscimento della dignità intrinseca di ogni essere umano, indipendentemente dalle sue scelte di vita o dal suo orientamento sessuale.
Il pranzo non è solo un momento di convivialità, ma un invito a ripensare il ruolo della Chiesa come comunità accogliente e inclusiva, capace di ascoltare le voci dei marginalizzati e di costruire ponti di dialogo e di comprensione.
Si tratta di un percorso che richiede umiltà, apertura mentale e la volontà di mettersi in discussione, abbandonando schemi preconcetti e abbracciando la ricchezza della diversità umana.
Questo gesto di Papa Leone XIII si pone, quindi, come un segnale incoraggiante per tutti coloro che si impegnano a costruire un mondo più giusto e fraterno, dove ogni persona possa sentirsi amata e accolta per quello che è.







