La seconda tappa significativa della visita di Re Carlo a Roma, dopo l’incontro con il Pontefice, si concentrerà nel pomeriggio con la celebrazione eucaristica presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura, un luogo profondamente intriso di storia e significato ecumenico.
La scelta di questa basilica non è casuale, bensì rivela una precisa volontà di sottolineare l’importanza del dialogo interconfessionale e il cammino verso l’unità cristiana.
Il legame tra San Paolo e il papato è storicamente radicato.
La Basilica, eretta nei pressi delle catacombe dove, secondo la tradizione, riposano i resti dell’apostolo Paolo, fu teatro di un evento cruciale nel XX secolo: nel 1959, Papa Giovanni XXIII vi annunciò la convocazione del Concilio Vaticano II, un momento spartiacque nella storia della Chiesa Cattolica, mirato a un rinnovamento e un’apertura al mondo.
L’eco di quell’annuncio risuona ancora oggi, ricordando la volontà di un Pontefice rivoluzionario che intendeva la Chiesa come strumento di dialogo e comprensione tra i popoli.
Ma la rilevanza ecumenica del luogo non si esaurisce con il Concilio.
Nel 1966, proprio nella Basilica di San Paolo, si verificò un gesto simbolico di profonda importanza: Papa Paolo VI, in un atto di apertura e amicizia, pose il suo anello episcopale sul dito dell’arcivescovo anglicano Michael Ramsey, sancendo l’inizio del primo dialogo teologico formale tra cattolici e anglicani.
Questo gesto, che tradisce una profonda volontà di superare le divisioni storiche e costruire ponti di comprensione reciproca, rimane un’immagine potente e suggestiva.
La Basilica, inoltre, si conferma come luogo privilegiato per la celebrazione dell’unità cristiana.
Ogni anno, durante la festa della Conversione di San Paolo, i Papi successivi vi accolgono leader e fedeli provenienti da diverse chiese e confessioni, sottolineando l’importanza della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, un periodo dedicato alla riflessione e alla ricerca di un cammino comune.
La presenza di Re Carlo in questo contesto, quindi, assume un significato ancora più ampio, testimoniando il suo impegno personale e quello del Regno Unito verso la promozione del dialogo interreligioso e la ricerca di un mondo più pacifico e tollerante, un erede spirituale di quei Gesti fondativi che hanno segnato la storia ecumenica di questo luogo di culto.