La complessità delle dinamiche che intersecano diritto europeo, legislazione nazionale e gestione dei servizi pubblici locali è al centro di una controversia giudiziaria che vede contrapporsi Roma Capitale e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust).
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, con un’ordinanza di particolare rilevanza, ha sospeso il giudizio promosso dall’Antitrust, demandando alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la risoluzione di interpretazioni cruciali.
Al cuore della questione risiede la delibera del 9 agosto 2023 con cui Roma Capitale, nel quadro di una riorganizzazione della disciplina dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, ha conferito ad Atac Spa la gestione del servizio di Trasporto Pubblico Locale (TPL) non periferico sul territorio capitolino, per un arco temporale che si estende dal 2024 al 2027, attraverso una forma di affidamento interno, l’in-house providing.L’amministrazione capitolina ha giustificato questa scelta sostenendo che l’affidamento in-house rappresentasse l’unica opzione in grado di garantire una serie di vantaggi specifici, che non sarebbero stati raggiungibili con l’apertura del mercato tramite procedure competitive.
L’Antitrust, tuttavia, ha contestato la legittimità di tale decisione, avanzando l’argomentazione che le motivazioni e le valutazioni fornite dall’amministrazione non fossero sufficienti a soddisfare gli obblighi probatori e giustificativi imposti dalla normativa vigente.
In altre parole, si contesta la sussistenza di ragioni imperiose e comprovate che rendessero l’in-house providing l’unica soluzione praticabile.
Il TAR, nell’ordinanza collegiale, ha evidenziato le norme europee e nazionali che regolano l’affidamento dei servizi pubblici, riconoscendo la necessità di un bilanciamento tra la libertà di iniziativa economica e le esigenze di tutela della concorrenza.
L’ordinanza sollecita la Corte di Giustizia UE a chiarire se la normativa europea, che pur consentendo agli Stati membri di limitare, seppur non vietare, il ricorso all’in-house providing, sia incompatibile con una normativa nazionale che imponga condizioni stringenti per l’applicazione di tale forma di affidamento.
In particolare, il TAR pone la questione se una legge nazionale che preveda la possibilità di ricorrere all’in-house solo in circostanze eccezionali, previa dimostrazione dell’impossibilità di ricorrere al mercato e con la necessità di illustrare ampiamente i benefici per la collettività (investimenti, qualità del servizio, costi per gli utenti, impatto sulla finanza pubblica, universalità, socialità, tutela ambientale e accessibilità), sia lesiva del diritto dell’Unione.
In sostanza, l’ordinanza si interroga sulla legittimità di una disciplina nazionale che imponga una rigorosa giustificazione per l’affidamento in-house, privilegiando, di norma, l’appalto al mercato.
La sospensione del processo in attesa della pronuncia della Corte Europea sottolinea la rilevanza della questione e l’importanza di un quadro interpretativo uniforme a livello comunitario per regolare l’affidamento dei servizi pubblici locali, garantendo al contempo il rispetto dei principi della concorrenza e della tutela dell’interesse generale.
La decisione della Corte di Giustizia UE avrà un impatto significativo non solo sulla gestione del TPL a Roma, ma anche sulla disciplina dell’in-house providing in tutta l’Unione Europea.