Questa mattina, nel cuore di Roma, la fontana dell’Acqua Paola sul Gianicolo è diventata un palcoscenico di denuncia. Un imponente striscione rosso, evocativo di un bagno di sangue, sventolato dalle attiviste e dagli attivisti di Greenpeace Italia, portando con sé un messaggio inequivocabile: “Fermate il bagno di sangue a Gaza”. Accanto, le parole “Save Gaza” e “Stop genocide” tradotte in inglese, amplificavano la richiesta di cessazione immediata del conflitto che dilania i territori palestinesi.L’azione, più di una semplice protesta, rappresenta un atto di accusa nei confronti delle politiche del governo italiano, accusato di essere complice di una tragedia che si protrae da venti mesi. L’associazione evidenzia come, pur dichiarando la sospensione delle nuove autorizzazioni all’esportazione di armi verso Israele a seguito degli eventi del 7 ottobre, il flusso di materiale bellico non si sia arrestato. Anzi, l’Italia continua a dipendere dalle forniture militari israeliane, inclusa la controversa tecnologia per gli aerei spia G550 Caew, sollevando interrogativi inquietanti sulla reale volontà di disinnescare la spirale di violenza.La protesta di Greenpeace si inserisce in un più ampio movimento di dissenso promosso dalla società civile contro il Memorandum di Intesa militare tra Italia e Israele, un accordo in vigore dal 2005 e avvolto nel segreto militare. Questo documento, che definisce i dettagli della cooperazione militare tra i due paesi, è al centro di una formale diffida, avanzata da dieci illustri giuristi, rivolta alla Presidente del Consiglio Meloni e ai ministri degli Esteri e della Difesa. La diffida mette in luce il rischio imminente di un automatico rinnovo dell’accordo, previsto per l’8 giugno, e pone la questione della legittimità di un rapporto militare così opaco e potenzialmente dannoso.Alessandro Giannì di Greenpeace Italia lancia un appello diretto al governo, esortandolo a revocare il Memorandum e a interrompere qualsiasi forma di collaborazione bellica con il governo Netanyahu. La gravità della situazione richiede una presa di posizione netta, affinché l’Italia non si renda partecipe di crimini contro l’umanità. L’accusa è chiara: se l’Italia non blocca ogni trasferimento di materiale bellico da e verso Israele, dovrà rispondere legalmente di favoreggiamento al genocidio, un’affermazione che sottolinea la profonda preoccupazione per le conseguenze umanitarie del conflitto e la responsabilità del Paese in questo scenario drammatico. L’azione mira a scuotere l’opinione pubblica e a sollecitare un dibattito urgente sulla politica estera italiana e sul suo ruolo nel contesto internazionale, promuovendo un approccio basato sui diritti umani e sulla pace.
Roma, la fontana dell’Acqua Paola chiede: Stop al conflitto a Gaza.
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