Alle porte di una mobilitazione nazionale e della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, il murales di eccellenza di aleXsandro Palombo, “Scudi Umani”, si erge a Roma, dinanzi alla stazione Termini, come un invito complesso e provocatorio alla riflessione.
L’opera non è un mero saluto alle figure di Greta Thunberg e Francesca Albanese, attese alle manifestazioni, ma un’esplorazione artistica delle dinamiche di attivismo, propaganda e responsabilità nel contesto geopolitico contemporaneo.
Il murales affianca, in un’immagine di apparente unità, due figure emblematiche: Greta Thunberg, portavoce della generazione climatica, e Francesca Albanese, la cui funzione di relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati la pone al centro di un dibattito carico di implicazioni politiche e umanitarie.
Entrambe sono rappresentate con un’uniforme kaki, un indumento che simboleggia un impegno attivo e una presa di posizione, mentre la kefiah, accessorio iconico della resistenza palestinese, le avvolge in un contesto di solidarietà e denuncia.
L’elemento del casco blu dell’ONU conferisce ad Albanese un ruolo di mediatore e osservatore internazionale, mentre la treccia distintiva di Thunberg sottolinea la sua giovane determinazione e la sua carica dirompente.
Ai piedi delle due figure, il cartello “Skolstrejk för klimatet” – il grido delle scuole in sciopero per il clima – testimonia l’evoluzione del suo impegno, ora intrecciato con la questione palestinese.
La presenza, sullo sfondo, di una figura con le sembianze di un miliziano di Hamas, in uniforme militare e con un passamontagna che ne cela il volto, introduce un elemento di ambiguità e di potenziale pericolo.
Non si tratta di una celebrazione, ma di una rappresentazione complessa, che solleva interrogativi sul rischio di strumentalizzazione dell’attivismo e sulla sua vulnerabilità di fronte alla propaganda.
Il titolo “Scudi Umani” è un riferimento esplicito alla tattica deplorevole di Hamas, che utilizza i civili come barriera contro i combattimenti, un atto che viola il diritto internazionale e mette a repentaglio vite innocenti.
Tuttavia, il titolo assume anche un significato metaforico più ampio, suggerendo come figure pubbliche, spinte da ideali nobili, possano involontariamente trasformarsi in bersagli, in “scudi” utilizzati per proteggere narrative complesse e spesso polarizzate.
L’opera di Palombo non si limita a una critica all’azione di Hamas, ma indaga la fragilità intrinseca dell’attivismo nell’era digitale, un terreno fertile per la disinformazione, l’opportunismo mediatico e la manipolazione ideologica.
Il murales invita a discernere, a interrogarsi sulla linea sottile che separa la legittima denuncia delle ingiustizie dalla promozione di un’agenda politica potenzialmente radicale.
La sua forza risiede nella capacità di stimolare un dibattito aperto e onesto sulle responsabilità individuali e collettive, sulla complessità del conflitto israelo-palestinese e sulla necessità di un impegno critico e consapevole in un mondo sempre più polarizzato.
L’opera è una lente d’ingrandimento che rivela le crepe e le zone d’ombra del nostro tempo, esortando a un’analisi lucida e a un’azione responsabile.








