venerdì 1 Agosto 2025
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Rome

Awdah Kathaleen: a Roma un murales per la memoria di una resistenza.

La memoria di Awdah Kathaleen, figura emblematica della resistenza palestinese e volto noto per il documentario “No Other Land”, ha illuminato la Garbatella, a Roma.

In occasione del suo anniversario, la street artist Laika ha offerto un tributo tangibile attraverso un’opera murale intitolata “Awdah”, collocata in Piazza Sauli, un luogo significativo per l’attivista durante i suoi soggiorni romani.
L’immagine, potente e suggestiva, non è solo un ritratto, ma un vero e proprio manifesto di una lotta per la dignità e l’autodeterminazione.
Laika, in una dichiarazione toccante, ha espresso il suo profondo rispetto per Awdah, sottolineando come la sua vita sia stata strappata via mentre difendeva il diritto inalienabile alla propria terra.

L’atto di commemorazione, scelto con cura durante un evento pubblico, ha visto la partecipazione di amici, compagni di lotta e attivisti romani, creando un momento di condivisione e riflessione.
Accanto a Laika, Micol Meghnagi, amica intima di Awdah, ha denunciato la deliberata soppressione di ogni spazio di lutto e commemorazione a Umm Al Khair, evidenziando come l’occupazione israeliana tenti di privare i palestinesi persino del diritto di piangere i propri cari, di elaborare il dolore e di preservare la memoria.
Questa negazione del lutto, secondo Meghnagi, è una forma di deumanizzazione, un attacco alla dignità intrinseca del popolo palestinese.

L’opera di Laika, e l’intero evento, si configurano come una risposta a un silenzio assordante, a un’inerzia complice da parte dei governi europei.
La street artist non esita a condannare l’Occidente, accusandolo di consentire passivamente la progressiva e sistematica cancellazione di un intero popolo, negandogli il diritto a una vita pacifica e dignitosa.

La riflessione si fa ancora più pungente quando Laika mette in discussione l’etichetta di “democrazia” applicata allo Stato israeliano, un titolo che appare grottesco alla luce di un bilancio di oltre 60.000 vite perdute, tra cui migliaia di bambini, di una popolazione intera sull’orlo della fame e di un sistema di espropriazioni continue e impunità per crimini efferati come quello che ha portato alla morte di Awdah.

L’immagine non è solo un omaggio, ma un grido di accusa, una chiamata alla responsabilità e alla giustizia.

Un invito a non rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di un popolo e alla violazione dei diritti umani più fondamentali.

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