Il Cinema d’Idea – Women’s International Film Festival, giunto alla sua nona edizione, si configura come un faro di speranza e un’implacabile voce di denuncia in un contesto globale segnato da conflitti e sofferenze. L’evento, conclusosi a Roma il 15 giugno, ha offerto una piattaforma cruciale per voci di donne cineaste provenienti da territori dilaniati, amplificando narrazioni spesso marginalizzate e offrendo uno sguardo intimo e corale sulla realtà del conflitto israelo-palestinese e sulla difficile situazione in Iran.La regista israeliana Joy Sela, con il suo documentario “The Other”, ha presentato un ritratto toccante di costruttori di pace, individui palestinesi e israeliani che, al di là della logica della vendetta e della distruzione, si impegnano in un dialogo arduo e spesso rischioso, alimentato dalla memoria del dolore e dalla speranza di un futuro condiviso. Il ritorno di Sela nei territori palestinesi dopo gli eventi del 7 ottobre le ha permesso di raccogliere testimonianze inedite e immagini potenti, destinate a commuovere e a stimolare una riflessione profonda.Parallelamente, la regista iraniana Azadeh Bizargiti ha espresso un’accusa ferma contro la violenza perpetrata da Israele, sia nei confronti dell’Iran che nei confronti della popolazione di Gaza, da anni vittima di una spirale di sofferenze. Il suo documentario “Moonshadow” e le sue parole hanno rappresentato un atto di coraggio, un grido di denuncia contro un silenzio internazionale che appare complice di un declino umanitario. La sua scelta di rifiutare il velo, un gesto simbolico di libertà e autonomia, sottolinea il suo impegno attivo nella lotta per i diritti delle donne e per un mondo più giusto.Il festival non si è limitato a proiettare opere cinematografiche, ma ha promosso un vero e proprio percorso emotivo e intellettuale, con una serata conclusiva dedicata alla poesia palestinese, letta sul palco dagli attori Rita Pasqualoni e Romano Talevi, e accompagnata dalla musica del maestro Tiziano Novelli. La scelta di includere poesie di Heba Abu Nada, giovane attivista palestinese tragicamente scomparsa a causa di un attacco aereo israeliano, ha conferito alla serata una carica di commozione e di indignazione, ricordando il prezzo altissimo che la popolazione civile paga a causa del conflitto.Il cortometraggio “Blood Like Water”, diretto dalla giovane regista palestinese Dima Hamdan, ha affrontato tematiche delicate come il dilemma morale di fronte all’occupazione, le conseguenze devastanti della paura e della precarietà, e la fragilità dei legami familiari. La storia di Shadi e della sua famiglia ha illuminato le zone grigie di un conflitto apparentemente senza via d’uscita, mettendo in discussione le certezze e le convenzioni sociali.La ricca programmazione del festival, che ha incluso opere come “Technical Difficulties” di Theresa Stone, “Sunflower Shadows” di Roya Zandbagh e “2020-2022” di Alessia Ambrosini, ha offerto una panoramica variegata delle sfide affrontate dalle donne cineaste provenienti da contesti conflittuali, celebrando la loro capacità di raccontare storie complesse e di promuovere un cambiamento positivo. La cerimonia di premiazione finale ha sancito il valore di queste opere e ha sottolineato l’importanza del Cinema d’Idea come spazio di incontro, di dialogo e di speranza per un futuro di pace e di convivenza.
Cinema d’Idea: Voci di Donne tra Conflitti e Speranza
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