## Edipo Re: Un Viaggio nell’Anima Tormentata tra Mito e ModernitàLo spettacolo di *Edipo Re*, presentato al Teatro di Roma nell’ambito dell’Ostia Antica Festival, si apre con un’immagine suggestiva: un mosaico di corpi prostrati, figure umane distese in una posa che evoca la desolazione e la sofferenza di Tebe, flagellata dalla peste.
Questa potente apertura, proiettata su un ampio schermo ottagonale, immediatamente cattura l’attenzione del pubblico e introduce il tema centrale dell’opera: la ricerca della verità a fronte di un destino ineluttabile.
Edipo, interpretato con notevole intensità da Luca Lazzareschi, si interroga sulla gravità della situazione, ricordando l’invio di Creonte presso Apollo per conoscere le misure da adottare.
La regia di Luca De Fusco ambisce a un connubio audace tra la grandezza del testo sofocleo e una lettura contemporanea, arricchita da riferimenti psicanalitici, visivamente ispirati all’universo magrittiano e, inevitabilmente, integrata da inserti filmati che amplificano l’impatto emotivo.
L’equilibrio tra questi elementi, pur non sempre impeccabile, risulta spesso efficace, grazie soprattutto alla versatilità di Lazzareschi e alla forza interpretativa di Manuela Mandracchia, Paolo Serra (un Creonte solido e autorevole) e Francesco Biscione.
La colonna sonora originale di Ran Bagno contribuisce a creare atmosfere di suspense e a sottolineare le sfumature emotive.
Gianni Garrera, con la sua traduzione, incarna questa volontà di modernizzazione, introducendo termini inusuali come “geneticamente” e offrendo interpretazioni innovative, ad esempio nei riferimenti ai sogni e alle relazioni materne.
La lingua, pur rischiando a volte di scadere in un linguaggio eccessivamente borghese, riesce a restituire, nei momenti di maggiore intensità, l’intimità dolorosa e la dolcezza di fondo del dialogo tra Edipo e Giocasta, quando i primi sospetti iniziano a insinuarsi.
L’opera di Sofocle, pietra miliare del teatro occidentale, pone al centro un personaggio dilaniato dalla ricerca della verità.
Edipo, mosso da un desiderio di liberare Tebe dalla peste, intraprende un’indagine che lo condurrà a scoprire un passato terribile: l’uccisione del padre Laio e il matrimonio con la madre.
Il suo percorso è segnato dalla consapevolezza che la verità potrebbe rivelarsi pericolosa, ma egli non si tira indietro, assumendosi la responsabilità di affrontare il proprio destino.
La figura di Tiresia, l’indovino cieco, assume un significato profondo, personificando l’inconscio di Edipo, la capacità di “conoscere senza sapere”.
La sua rappresentazione sullo schermo-specchio è un’efficace metafora del profondo turbamento interiore del protagonista, costretto a confrontarsi con il proprio passato e a riconoscere la propria colpevolezza.
L’atto finale, l’accecamento di Edipo con le fibbie della cintura di Giocasta, è un gesto simbolico di rifiuto di guardare oltre, di accettare la propria condizione di parricida e incestuoso.
Alcune scelte registiche, tuttavia, appaiono meno convincenti.
La presenza di Tiresia imprigionato in una gabbia, con i cinguettii di un uccello che riecheggiano all’inizio, e la vestizione del servo pastore di Laio con bombetta, giacca e cravatta, sembrano elementi superflui, estranei alla coerenza dell’impianto scenico.
La proliferazione di immagini riempitive, come nuvole, cipressi e statue, evoca l’iconografia di Magritte, ma rischia di distrarre l’attenzione dal dramma centrale.
Nonostante queste piccole incertezze, lo spettacolo si rivela un’esperienza coinvolgente, capace di rinnovare la suggestione di un classico immortale.
L’innovativa interpretazione, arricchita da elementi visivi e sonori di grande impatto, non compromette la forza del testo originale, pur essendo stato ridotto dall’assenza delle parti del coro.
L’apprezzamento del pubblico, testimoniato dagli intensi applausi, conferma la vitalità e l’attualità di *Edipo Re*.
Lo spettacolo, conclusa la sua residenza a Ostia Antica, proseguirà il suo tour con tappe a Campani e in Spagna, portando con sé la potenza del mito e la capacità di interrogare l’animo umano.