Filomena Nitti: L’ombra del genio e il silenzio del riconoscimentoIl destino di Filomena Nitti si configura come una complessa narrazione di talento, passione e ingiustizia, un intreccio doloroso tessuto tra la luce dei riconoscimenti altrui e l’ombra di un’innegabile, ma a lungo negata, capacità.
Il libro di Carola Vai, “Filomena Nitti e il Nobel negato”, non è semplicemente la biografia di una scienziata, ma un’indagine penetrante sulle dinamiche complesse che plasmano la storia della scienza e il modo in cui il merito viene distribuito, spesso in maniera distorta, in un contesto sociale e culturale profondamente segnato da pregiudizi di genere e convenienze politiche.
Filomena, nata a Napoli nel 1909, figlia dell’ex presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti, visse un’infanzia divisa tra le dimore familiari e le turbolenze politiche che avrebbero segnato la vita del padre, costringendo la famiglia all’esilio in seguito agli attacchi fascisti.
Questa esperienza precoce la temprò, instillandole un senso di indipendenza e una profonda avversione per l’autoritarismo, valori che avrebbero guidito le sue scelte personali e professionali.
La sua vita, caratterizzata da una vibrante energia e una sete inesauribile di conoscenza, la portò a sfidare le aspettative sociali del tempo.
Il matrimonio con un giornalista polacco, l’esperienza di vita a Mosca e la successiva separazione, sottolineano la sua determinazione a forgiare il proprio percorso al di fuori delle convenzioni familiari.
Il divorzio, un atto di coraggio in un’epoca conservatrice, rappresentò un ulteriore passo verso l’affermazione della sua autonomia.
L’incontro con Daniel Bovet, scienziato svizzero, fu un evento cruciale.
Da quell’unione nacque una profonda collaborazione scientifica, cementata da un amore intenso.
Insieme, raggiunsero vette significative nella ricerca farmacologica, pubblicando numerosi lavori congiunti che avrebbero dovuto garantire a entrambi il riconoscimento.
La loro carriera scientifica si svolse all’Istituto Superiore di Sanità a Roma, un ambiente stimolante che permise loro di dedicarsi a studi innovativi.
Tuttavia, l’assegnazione del Premio Nobel per la Medicina a Daniel Bovet nel 1957, senza alcun menzionare Filomena Nitti, rimane un episodio emblematico dell’ingiustizia che spesso affligge il mondo scientifico.
L’assenza di un riconoscimento per il suo contributo, nonostante l’evidente ruolo attivo nella ricerca, solleva interrogativi profondi sulla valutazione del merito e sull’influenza di fattori esterni – come la sua posizione di donna in un ambiente dominato dagli uomini – nei processi di selezione dei premi più prestigiosi.
L’episodio si pone in dialogo con la biografia di Rita Levi-Montalcini, contemporanea di Filomena, evidenziando le diverse traiettorie e i diversi tipi di successo che le donne scienziate potevano incontrare.
Sebbene entrambe fossero figure di spicco nel panorama scientifico italiano, i percorsi e i riconoscimenti ottenuti differirono significativamente, riflettendo le complesse dinamiche del loro tempo.
Il libro di Vai, arricchito dalla collaborazione di Maria Luisa Nitti, nipote di Filomena, non si limita a ricostruire la vicenda personale della scienziata, ma offre una riflessione più ampia sulla necessità di una più equa distribuzione del merito e sulla responsabilità di recuperare dalla storia le figure femminili che, troppo spesso, sono state marginalizzate e dimenticate.
La sua storia è un monito a vigilare affinché il talento femminile non venga più soffocato dall’ombra di pregiudizi e convenzioni sociali.