Un’onda di ironia e provocazione si infrange sulle frequenze di Radio2, con la nuova puntata de *La Pennicanza*, il format irriverente firmato Fiorello e Biggio.
Lo sguardo, agile e pungente, si posa sugli eventi che animano il dibattito politico, dipingendoli con pennellate di grottesco e spunti di riflessione inattesi.
Il confronto tra Fini e Rutelli ad Atreju, immortalato nell’immaginario collettivo come una scena tratta da un film di fantascienza, evoca un senso di nostalgia e di anacronismo.
La frecciata di Meloni, che definisce Fini “una vecchia fiamma”, si intreccia con un appello più ampio, volto a smuovere le coscienze.
Un invito a superare le barriere ideologiche e a praticare un’apertura genuina, anche – e soprattutto – nei confronti di posizioni divergenti.
L’accusa velata rivolta all’ambiente di sinistra, con riferimento all’eco mediatico suscitato da *Più libri più liberi*, sollecita un’analisi più profonda dei meccanismi che regolano il confronto pubblico e la gestione della diversità.
La provocazione finale, un invito a criticare apertamente, suggella un ragionamento complesso e mai scontato.
L’attenzione si sposta poi sulla cronaca nera, con la vicenda del primario del Sant’Eugenio, arrestato per corruzione.
Un caso che, oltre alla gravità dei fatti, offre spunti per un umorismo nero e grottesco: un nefrologo, esperto di calcoli, che ama Tony Renis e la sua iconica *Quanto quanto quanto*.
L’immagine delle mazzette che transitano davanti a una telecamera, l’inquietante ricerca del numero di telefono del latitante, completano un quadro desolante e al contempo paradossale.
Il sipario si alza sulla televisione, con un omaggio alla serie *Sandokan*, che conquista il pubblico, nonostante le voci di un presunto calo di ascolti.
Una precisazione necessaria, in vista del 15 dicembre, data in cui, si prevede, la popolarità della serie tornerà a impennarsi.
Un’occasione mancata per la concorrenza, Mediaset, che sembra essersi eclissata dalla scena televisiva.
L’appello diretto al produttore Luca Bernabei, con l’audace proposta di interpretare *Orzowei*, rivela l’ambizione smisurata e l’inesauribile creatività dello showman.Il gran finale, surreale e inaspettato, giunge dal cuore del Vaticano.
Un Papa Leone fittizio, con un tono di voce languido e inconfondibile, rivela una visita a sorpresa di Zelensky a Castel Gandolfo.
La richiesta di armamenti, persino dal papato, genera un’immagine grottesca e inquietante: venti alabarde, le armi tradizionali delle Guardie Svizzere, destinate a un conflitto internazionale.
Il desiderio finale, un invito a Fiorello di esibirsi in un concerto, riprendendo le orme di Michael Bublé, con l’esecuzione di *Batticuore dolce amore*, suggella un momento di pura, ineffabile assurdità, lasciando l’ascoltatore con un sorriso enigmatico sulle labbra e un turbinio di pensieri in testa.






