L’Abisso Digitale: Pirateria Audiovisiva e la Generazione ConnessaUn quadro preoccupante emerge da una recente indagine congiunta di Fapav e Ipsos Doxa: oltre la metà dei giovani italiani, tra i 10 e i 25 anni, ricorre a canali illegali per accedere a contenuti audiovisivi.
Questo dato, che coinvolge il 56% della popolazione giovanile, rivela un fenomeno radicato, che trascende la semplice fruizione non autorizzata e si intreccia con dinamiche sociali e culturali complesse.
L’indagine suggerisce che la motivazione alla base di questa diffusa pratica varia significativamente in base all’età.
I giovani più piccoli (10-14 anni) tendono ad emulare il comportamento dei coetanei, privi di una riflessione critica.
Invece, i ragazzi e i giovani adulti (15-25 anni) esprimono un’insoddisfazione più profonda, alimentata da un desiderio di cambiamento percepito nel sistema di distribuzione dei contenuti, che considerano distante e inadeguato.
Questo non si traduce in una semplice ribellione, ma in una critica implicita verso un modello che, a loro avviso, non risponde alle esigenze di accessibilità e convenienza.
Paradossalmente, l’indagine rivela una consapevolezza dei rischi associati alla pirateria, sebbene questa non si traduca in un cambiamento di comportamento.
Sebbene la preoccupazione per virus e malware sia diffusa tra i giovani più piccoli, la paura di truffe e furti di dati sembra essere più acuta.
Un numero elevato di pirati (il 62% tra i 15-25enni) ha subito attacchi informatici, ma ciò non ha generato una maggiore cautela.
Al contrario, si osserva lo sviluppo di strategie di mitigazione, come l’utilizzo di dispositivi dedicati, che creano una falsa sensazione di sicurezza.
La minimizzazione del rischio è alimentata da una percezione diffusa del fenomeno, che porta a considerarlo un’attività “senza vittime” e a sottovalutare i danni economici e sociali che ne derivano.
Questa indifferenza è esacerbata dalla scarsità di informazioni corrette e complete sui rischi della pirateria, che raramente vengono fornite in contesti educativi come la scuola o la famiglia.
Ironia della sorte, i pirati stessi si dichiarano più informati dei non-pirati, suggerendo che l’esposizione diretta al fenomeno genera una conoscenza pratica, seppur distorta.
La risposta al problema non può limitarsi a misure repressive, come la recente normativa italiana e le innovative procedure di Agcom.
Federico Bagnoli Rossi, presidente di Fapav, sottolinea la necessità di una comunicazione più efficace e di campagne di sensibilizzazione che promuovano la legalità.
Larissa Knapp, responsabile della protezione dei contenuti della Motion Picture Association, evidenzia il ruolo cruciale dell’educazione per plasmare abitudini digitali responsabili e rafforzare il rispetto per la creatività.
Alessandro Usai, presidente di Anica, ricorda che i prodotti audiovisivi rappresentano investimenti ingenti, il cui ritorno sull’investimento avviene nel corso di lunghi periodi.
La tutela del contenuto deve quindi essere garantita in un orizzonte temporale esteso.
Un approccio integrato, che coniughi l’innovazione tecnologica, l’educazione civica e la promozione di una narrazione collettiva intorno alla legalità, si presenta come la strada più efficace per affrontare l’abisso digitale e proteggere il futuro della creatività.
In definitiva, la sfida non è solo quella di bloccare i siti illegali, ma di educare una generazione di cittadini digitali responsabili, consapevoli del valore del lavoro intellettuale e del rispetto per i diritti d’autore.






