mercoledì 24 Settembre 2025
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Rome

*Il Giro di Vite*: un’esperienza emotiva al Teatro dell’Opera

L’allestimento de *Il Giro di Vite* di Benjamin Britten, recentemente portato in scena al Teatro dell’Opera di Roma, si rivela un’esperienza emotiva intensa e profondamente disturbante, ancorata alla forza interpretativa di un cast eccezionale e alla magistrale direzione musicale di Ben Glassberg.
Lungi dall’affidarsi a soluzioni scenografiche ridondanti o effetti speciali, la regia di Deborah Warner, coadiuvata dalle suggestive luci di Jean Kalman, concentra l’attenzione sull’essenza drammatica dell’opera, esaltando la potenza evocativa della musica di Britten e la profondità psicologica dei personaggi.
L’opera, tratta dall’omonimo racconto di Henry James e con libretto di Myfanwy Piper, si dipana come un intricato labirinto di ambiguità e sospetti.
Una giovane istitutrice, incaricata di occuparsi di due orfani, Miles e Flora, in una lussuosa tenuta inglese, si trova improvvisamente immersa in un’atmosfera densa di mistero.
L’assenza di informazioni da parte dello zio dei bambini, un elemento cruciale che alimenta la tensione, la isola in un contesto inquietante.
L’accoglienza della governante, Mrs Grose, e le sue allusioni al tragico destino della precedente istitutrice, Miss Jessel, e del maggiordomo Quint, morti in circostanze oscure, gettano un’ombra sinistra sull’intera vicenda.

La peculiarità dell’opera risiede nell’ambivalenza del racconto: l’istitutrice è l’unica a percepire le presenze spettrali di Quint e Miss Jessel, figure legate al passato doloroso dei due bambini.

Questa scelta registica apre un ventaglio di interpretazioni: si tratta di allucinazioni frutto di una mente fragile, di una proiezione delle paure e delle angosce dell’istitutrice, oppure di vere e proprie manifestazioni soprannaturali? L’assenza di una risposta univoca amplifica la sensazione di inquietudine e induce lo spettatore a interrogarsi sulla natura della realtà.

La scenografia minimalista, ridotta a un fondo nero su cui emergono, a tratti, scorci di un bosco carico di presagi, contribuisce a creare un’atmosfera claustrofobica e opprimente.
La musica, orchestrata in modo sapiente da Ben Glassberg con un organico ridotto, amplifica l’effetto drammatico, alternando momenti di quiete inquietante a picchi di intensa emotività.
Le performance del cast sono memorabili.
Ian Bostridge, interprete raffinato e specialista del repertorio britténiano, incarna Quint con una presenza inquietante e una vocalità impeccabile.

Anna Proashka dona all’istitutrice una fragilità e una determinazione commoventi.

Ma sono i due giovani interpreti, Zandy Hull (Miles) e Cecily Balmforth (Flora), a conquistare il pubblico con la loro naturalezza e la loro capacità di trasmettere emozioni complesse con una maturità sorprendente.

La loro recitazione, unita alla purezza del loro canto, conferisce loro una dimensione quasi angelica, che contrasta con l’oscurità che li circonda.
Il confronto tra Deborah Warner e l’Opera di Roma, già consolidato con i successi di *Billy Budd* e *Peter Grimes*, si rivela ancora una volta proficuo.
Questa nuova produzione de *Il Giro di Vite* non è solo un allestimento di un’opera sublime, ma un’esperienza teatrale che scava nel profondo dell’animo umano, lasciando lo spettatore con un senso di disagio e un’eco di domande senza risposta.

La rappresentazione culmina con un finale agghiacciante, in cui la rivelazione del nome dello spettro da parte di Miles segna una definitiva resa, un addio al passato e un presagio di un destino ineluttabile.

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