La scena si apre non come un racconto biblico solenne, ma come una ferita aperta nel cuore di una famiglia contemporanea, strappata al suo equilibrio da una perdita improvvisa. La morte di un figlio, evento tragico e universale, viene qui depotenziata dalla sua collocazione in un contesto familiare concreto, privo di idealizzazioni o distanze simboliche. Ilaria Lanzino, in una sua audace e commovente rilettura de “La Resurrezione” di Georg Friedrich Händel, sceglie di ancorare la narrazione a dinamiche e reazioni emotive proprie di un nucleo familiare in lutto, osservandola con occhi attenti alle sfumature e alle contraddizioni umane.L’opera si presenta quindi non come una celebrazione dogmatica della fede, ma come un percorso di indagine sulla resilienza, sul senso del dolore e sulla capacità di trovare un significato anche di fronte all’assurdo. Ogni personaggio, pur mantenendo le proprie caratteristiche originali, viene umanizzato, reso vulnerabile e complesso. Il padre, figura ispirata a San Giovanni, incarna una fede incrollabile, un punto di riferimento nel buio del lutto, ma non è esente da dubbi e sofferenze. La madre, come Maddalena, è travolta dalla disperazione, incapace di trovare conforto nella fede, prigioniera di un dolore profondo e lacerante. E poi c’è la nonna, Cleofe, figura sospesa tra due mondi, divisa tra la speranza e il dolore, testimone impotente della tragedia che si consuma intorno a lei.Lanzino non si limita a reinterpretare i personaggi, ma mette in discussione anche le dinamiche narrative e simboliche dell’opera originale. La rigida dicotomia tra bene e male, così rappresentata nelle figure di Angelo e Lucifero, viene smantellata, sostituita da una visione più complessa e sfumata. Lucifero, lungi dall’essere un semplice antagonista, diventa un personaggio tormentato, emarginato, preda di un dolore profondo e di un risentimento comprensibile. è una figura imperfetta, vulnerabile, simbolo della fragilità umana e della sua lotta interiore. anche per questi personaggi smarriti, in conflitto con se stessi e con il mondo, lo spazio per l’amore eterno rimane aperto, una possibilità di redenzione e di perdono.Attraverso questa rilettura audace e commovente, “La Resurrezione” si trasforma in un viaggio alla ricerca di un significato, una riflessione sulla fede, sulla speranza e sulla capacità di trovare un senso anche di fronte alla perdita più devastante. La domanda che l’opera si pone è semplice, ma profonda: c’è davvero una resurrezione? Può la fede salvarci dal dolore, dalla perdita, dall’angoscia esistenziale?L’appuntamento, dal 1° luglio alle 21 alla Basilica di Massenzio, nel Foro Romano, nel contesto del Caracalla Festival 2025 ideato da Damiano Michieletto per il Teatro dell’Opera di Roma, si configura come un’occasione unica per interrogarsi sulla condizione umana, per confrontarsi con il mistero della vita e della morte, per trovare, forse, un barlume di speranza nel buio della disperazione.
La Resurrezione: Un Lutto Familiare, un’Indagine Profonda.
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