Maria Barosso: Testimone a Colori della Roma che MutavaLa mostra “Maria Barosso, artista e archeologa nella Roma in trasformazione”, attualmente in corso alla Centrale Montemartini fino al 22 febbraio 2026, offre uno sguardo inedito e profondamente suggestivo su un capitolo cruciale della storia romana: la sua radicale trasformazione urbana nei primi decenni del Novecento.
Più che una semplice retrospettiva, si tratta di un’immersione visiva nell’epoca delle grandi demolizioni e delle nuove costruzioni, un periodo di tumulto sociale e di ambiziosi progetti che plasmarono l’identità della Capitale.
Maria Barosso (1879-1964), figura di straordinaria rilevanza spesso oscurata dai riflettori, emerge come una testimone privilegiata di questi cambiamenti epocali.
In un’epoca in cui le donne faticavano ad affermarsi in ambiti professionali dominati dagli uomini, Barosso si distinse come prima donna funzionaria e disegnatrice esclusiva della Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione.
Il suo ruolo fu ben più che quello di una semplice illustratrice; fu una documentarista meticolosa, una cronista visiva di un’epoca che stava scomparendo sotto i macigni di nuove arterie stradali e di imponenti edifici.
La mostra riunisce circa cento opere, tra acquerelli, disegni, stampe e lettere, provenienti principalmente dai depositi della Sovrintendenza Capitolina, arricchite da contributi di collezioni private e istituzioni prestigiose come l’Archivio Storico del Museo Nazionale Romano e la Fondazione Camillo Caetani.
Queste opere non sono solo resoconti di cantieri e demolizioni, come quello che portò alla creazione di Via dei Fori Imperiali e alla riscoperta sorprendente dei templi repubblicani di Largo Argentina, ma anche delicate espressioni del suo profondo amore per Roma, una città che si stava rivelando e che lei stava imparando a conoscere e ad apprezzare.
L’esposizione è curata da Ilaria Miarelli Mariani, direttrice dei Musei Civici di Roma, e si articola in sezioni tematiche che ricostruiscono il percorso professionale e personale dell’artista.
Dalle prime opere che documentano gli scavi archeologici e le opere di restauro, a quelle che ritraggono la vibrante vita dei cantieri e le sfide della tutela del patrimonio artistico, fino alle riproduzioni di affreschi e mosaici di chiese romane e le incisioni realizzate per committenze private.
Una sezione particolarmente significativa è dedicata al confronto con altri artisti contemporanei, tra cui Mario Mafai, Eva Quagliotto e Tina Tomasini, che come Barosso seppero cogliere e rappresentare le tensioni di una città lacerata tra il peso del passato e le promesse del futuro.
L’uso magistrale dell’acquerello permette a Barosso di catturare non solo la realtà tangibile dei luoghi, ma anche l’atmosfera effimera di un’epoca in rapido mutamento, restituendoci una testimonianza preziosa e commovente di una Roma che non esiste più.
La mostra non è solo un omaggio a un’artista dimenticata, ma anche un’occasione per riflettere sul valore della memoria storica e sull’importanza della tutela del patrimonio culturale.