Un’eredità cinematografica scomoda: “Roberto Rossellini – Più di una vita”L’ammonimento paterno risuonava nell’aria: “Non c’è nulla di peggio dei rosselliniani”.
Un paradosso, un’affermazione quasi sprezzante, che celava dietro sé un profondo rispetto e una complessità di sentimenti.
Roberto Rossellini, figura titanica del Neorealismo italiano, era un uomo tormentato, un artista che rifiutava di esserlo, e la sua eredità, ora ripercorsa nel documentario “Roberto Rossellini – Più di una vita” di Ilaria De Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti, si rivela tutt’altro che semplice.
Il film, distribuito da Fandango e in sala il 4 novembre, non è una mera biografia celebrativa, ma un’immersione in un’epoca cruciale per il cinema italiano, un’esplorazione del conflitto interiore di un uomo e una riflessione sulla natura effimera della fama.
Il 1956, anno cruciale nel percorso di Rossellini, si staglia come un momento di transizione.
I fasti di “Roma Città Aperta” e “Paisà”, pietre miliari del cinema mondiale, sembrano ormai lontani, eclissati da un insuccesso critico e commerciale che lo affligge profondamente.
Il rapporto con Ingrid Bergman, icona di Hollywood, si incrina, e i film realizzati insieme – “Stromboli”, “Europa 51”, “Viaggio in Italia” – si rivelano dei fardelli, percepiti come deviazioni artistiche incomprensibili per il pubblico.
Il documentario si nutre di un’abbondanza di materiale d’archivio, ma è l’apporto delle voci narranti a conferire profondità e intimità.
Sergio Castellitto incarna Rossellini con un’intensità penetrante, Kasia Smutniak dà voce a Ingrid Bergman, Isabella Rossellini (figlia del regista) si confronta con l’eredità paterna, mentre Tinto Brass e Silvia D’Amico offrono prospettive inedite.
Le interpretazioni vocali di Renzo Rossellini (figlio), affidata a Vinicio Marchioni, e di Aldo Tonti, direttore della fotografia, interpretato da Pierluigi Gigante, aggiungono ulteriori strati di significato.
“Sono riconoscente per il fatto che il messaggio di mio padre sia stato ritrovato,” confessa Isabella Rossellini, interrogandosi sulla difficoltà di cogliere la verità che si cela dietro l’immagine pubblica dei suoi genitori.
Il cinema, per Rossellini, era un atto di verità, un modo per interrogare la realtà e i suoi tormenti, e l’etichetta di “artista” lo metteva a disagio, perché implicava una distanza dalla vita stessa.
La crisi esistenziale di Rossellini lo porta a Bombay, dove si innamora di Sonali, una giovane sceneggiatrice.
La relazione segna la fine del matrimonio con Bergman e apre una nuova fase nella sua vita e nella sua produzione cinematografica.
Il documentario segue il regista fino al maggio del 1977, quando gli viene offerta la presidenza di giuria al Festival di Cannes, un riconoscimento inaspettato che culmina con la vittoria di “Padre Padrone” dei fratelli Taviani, un film a basso budget prodotto per la televisione.
La morte prematura di Rossellini, avvenuta il 3 giugno 1977, pone fine bruscamente a una parabola artistica complessa e contraddittoria.
Un’ultima riflessione di Isabella Rossellini sottolinea l’importanza degli archivi come strumenti di riscoperta e di valorizzazione del patrimonio cinematografico.
La famiglia Rossellini, con un gesto di grande responsabilità, ha conservato gelosamente lettere e documenti che altrimenti sarebbero andati perduti, testimonianze preziose di un’epoca irripetibile.
La conservazione di questi materiali, così fragili e vulnerabili, contrasta con la loro possibile commercializzazione, spesso motivata da interessi economici superficiali.
La Festa del Cinema di Roma continua a celebrare l’opera di Rossellini con un omaggio a “Un pilota ritorna” (1942), restaurato dalla Cineteca di Bologna e The Film Foundation, un’occasione per riscoprire uno dei primi capolavori del regista, interpretato da Massimo Girotti.
Il film, un’opera di transizione tra il Neorealismo e un’analisi più introspettiva, rappresenta un tassello fondamentale per comprendere l’evoluzione artistica di Roberto Rossellini, un uomo che ha lasciato un’eredità complessa e imprescindibile per il cinema mondiale.