“Tevere Corsaro” si rivela un affresco vivido e scomodo di resilienza, un mosaico di storie individuali che tessono una critica profonda al sistema di potere e alle sue derive.
Come Davide contro Golia, i protagonisti che emergono dal documentario di Monica Repetto e Pietro Balla (quest’ultimo scomparso durante le riprese, lasciando un’eredità preziosa) incarnano la lotta per la difesa di un territorio, di un’idea di futuro, di un sentimento di appartenenza che si scontra con la logica implacabile dello sviluppo selvaggio e della speculazione edilizia.
Il film, presentato in anteprima alle Giornate degli Autori durante la Mostra del Cinema di Venezia, non è un semplice resoconto di eventi, ma una riflessione sulla condizione italiana contemporanea, un paese intrappolato tra burocrazia elefantiaca, interessi economici dirompenti e una crescente disconnessione tra chi detiene il potere e chi ne subisce le conseguenze.
La narrazione si articola attorno a due percorsi paralleli, apparentemente distinti ma profondamente interconnessi.
Giulia, giovane agricoltrice romana, rappresenta la rinascita e la riconnessione con le radici, scegliendo di reinvestire le proprie energie nella terra di famiglia, un gesto di ribellione contro la tendenza all’abbandono del mondo rurale.
La sua battaglia contro l’esproprio dell’area agricola, minacciata da un progetto immobiliare, diventa simbolo della lotta per la salvaguardia del paesaggio e della tradizione contadina, valori messi a repentaglio dalla febbre edilizia.
Accanto a Giulia, Sven, attivista norvegese, anima libera e appassionato interprete del pensiero pasoliniano, e Mario, poliziotto e militante della Fiab, personificano l’impegno civile e la ricerca di alternative sostenibili.
La loro lotta per la realizzazione del sentiero Pasolini, un percorso ciclopedonale che dovrebbe collegare il Grande Raccordo Anulare al mare di Ostia, è più di una semplice questione infrastrutturale: è un atto di memoria, un tentativo di riappropriarsi di un territorio martoriato, un invito a riscoprire la bellezza di un paesaggio ancora intriso di storia e di poesia.
Il documentario non edulcora le difficoltà, le sconfitte, i momenti di scoraggiamento che inevitabilmente accompagnano ogni percorso di cambiamento.
Ma celebra anche la forza della resilienza, la capacità di reinventarsi, la speranza che nasce dalla consapevolezza di non essere soli nella propria lotta.
Il viaggio lungo il Tevere, tra natura selvaggia e paesaggi urbani degradati, si rivela un percorso di scoperta interiore, un invito a riscoprire il valore della lentezza, della contemplazione, del contatto con la terra.
“Tevere Corsaro” è un grido di speranza, un inno alla libertà, un monito a non arrendersi mai nella difesa di un futuro più giusto e sostenibile.