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martedì 11 Novembre 2025

Primarie a Roma: il PD le ha abbandonate? Un’ombra sulla democrazia.

“Caro Marino, perché il Partito Democratico sembra aver messo in soffitta le primarie per la scelta del prossimo sindaco di Roma?” La domanda, posta in un contesto di riflessione decennale sulle dinamiche politiche che hanno portato alle dimissioni del notaio e dei consiglieri del PD, risuona come un’eco di principi democratici ormai smarriti.
L’interlocutore, un medico ambientalista con una lunga militanza nel PD di via dei Giubbonari, evoca un aspetto fondamentale dello statuto del partito, un pilastro di partecipazione che sembra essere stato silenziosamente accantonato.
Ignazio Marino, europarlamentare di ALDE ed ex sindaco, condivide questa perplessità sui social media, sollevando un interrogativo cruciale: se la scelta del Presidente del Consiglio, figura centrale del governo nazionale, si avvale di un processo di selezione partecipativa attraverso le primarie, perché questa stessa logica non dovrebbe essere applicata alla guida della città di Roma? La questione non è meramente procedurale, ma apre un dibattito più ampio sul ruolo del partito e sulla sua capacità di rappresentare le istanze dei cittadini.
L’incontro al Laurentino, occasione di proiezione del docufilm “Golpe Capitale” e anniversario della caduta della giunta Marino, ha visto la partecipazione anche di Virginia Raggi, ex sindaca pentastellata.
Quest’ultima, rispondendo a una domanda di Marino sulla possibilità di sostenere una campagna elettorale per il potenziale bis di Roberto Gualtieri, ha espresso un dubbio comprensibile: come conciliare l’impegno elettorale con i propri principi e convinzioni se il processo di selezione appare opaco e non partecipativo?La risposta del PD romano, veicolata attraverso comunicati e dichiarazioni, si concentra sulla presunta leadership di Gualtieri, esaltandone le qualità e la risorsa che rappresenta per la città.
Si critica la presunta “gioco politico” delle primarie, invitando a guardare avanti e a evitare un ritorno al passato.

L’enfasi è posta sulla continuità del progetto per la città e sulla costruzione di una coalizione politica e sociale basata sulle proposte, piuttosto che sulla partecipazione democratica degli iscritti.
Questa dinamica solleva interrogativi profondi sul futuro del Partito Democratico e sulla sua capacità di rinnovarsi.

La rinuncia alle primarie, interpretata da alcuni come una mossa strategica per garantire la continuità di una leadership consolidata, rischia di disaffezionare una parte dei suoi iscritti e di alimentare un senso di distanza tra partito e cittadinanza.

La domanda posta da Marino, e condivisa da molti, rimane sospesa nell’aria: come può un partito che si dichiara democratico rinunciare a uno strumento fondamentale per la partecipazione e l’espressione del pluralismo interno? La risposta, a quanto pare, non è ancora scritta.

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