La stagione calcistica 2025/26 si prospetta carica di complessità, non solo per le sfide sportive in campo, ma anche per le delicate questioni legate alla programmazione degli eventi sportivi a livello nazionale. La sovrapposizione del calendario della Serie A con importanti competizioni tennistiche, in particolare gli Internazionali di Tennis, ha generato un’ondata di reazioni e sollevato interrogativi sulla capacità di coordinamento tra le diverse federazioni e gli organi di governo dello sport italiano.La concomitanza, destinata a culminare con il derby della Capitale che si terrà contemporaneamente alla finale degli Internazionali, ha innescato un acceso dibattito. La percezione di una mancanza di visione strategica e di una programmazione carente, espressa con forza dall’amministratore delegato di Sport e Salute, Diego Nepi, evidenzia una problematica strutturale che va ben oltre una mera questione di scheduling.La reazione dei vertici della Serie A, come riferito da fonti interne alla Lega, testimonia la gravità della situazione. L’ipotesi di trasferire la finale di Coppa Italia 2026 da Roma a Milano, sebbene ancora in fase di valutazione, rivela una volontà di trovare soluzioni concrete per evitare ulteriori conflitti di interesse e minimizzare l’impatto negativo sulle tifoserie e sui diritti televisivi.La decisione, lungi dall’essere una semplice riorganizzazione logistica, apre un ampio ventaglio di implicazioni. Il trasferimento della finale di Coppa Italia rappresenta un segnale forte, potenzialmente in grado di innescare una riflessione più ampia sul ruolo di Sport e Salute e sulla necessità di implementare meccanismi di coordinamento più efficaci tra le diverse discipline sportive.L’episodio solleva interrogativi cruciali sulla governance dello sport italiano, invitando a una revisione dei processi decisionali e all’adozione di protocolli condivisi per la programmazione degli eventi. La gestione dei calendari sportivi non può essere lasciata al caso, ma deve essere il risultato di una pianificazione strategica che tenga conto delle esigenze di tutte le parti interessate: club, tifosi, emittenti televisive e, soprattutto, l’immagine dello sport italiano nel suo complesso. La vicenda non solo mette in luce una potenziale lacuna nella capacità di programmazione, ma sottolinea anche l’urgenza di promuovere una cultura dello sport più inclusiva e collaborativa, in grado di valorizzare tutte le discipline e di garantire un’esperienza positiva per gli appassionati. La Serie A, in questo contesto, si trova a dover assumere un ruolo proattivo, sollecitando un cambio di paradigma che possa evitare il ripetersi di situazioni simili in futuro.