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martedì 18 Novembre 2025

Guardiola scende in campo: sport e diritti umani in Palestina.

Il silenzio complice può essere un crimine.
Pep Guardiola, figura di spicco nel panorama calcistico mondiale, solleva con forza una questione di primaria importanza etica e politica, scendendo in campo – metaforicamente, ma con la stessa passione e determinazione che caratterizzano la sua carriera – per difendere i diritti umani e sensibilizzare l’opinione pubblica su una realtà troppo spesso marginalizzata.
L’amichevole tra la Catalogna e la Palestina, in programma a Barcellona, non è un semplice evento sportivo.

È un atto di solidarietà, un gesto di riconoscimento verso un popolo che soffre da decenni, privato della sua dignità e dei suoi diritti fondamentali.
Guardiola, attraverso un’intervista rilasciata a El món a RAC1, non esita a definire la partita come un’occasione per richiamare l’attenzione su una situazione di profonda ingiustizia, denunciando implicitamente un’inerzia che ha permesso la sofferenza prolungata di una popolazione.

L’azione di Guardiola, supportata dalla piattaforma ACT X PALESTINE, va oltre la semplice espressione di una simpatia personale.
Si tratta di una presa di posizione consapevole, un rifiuto di chiudere gli occhi di fronte a una crisi umanitaria che si protrae nel tempo.
La partita al Montjuïc diventa un palcoscenico per amplificare le voci silenziate, per dare visibilità a una narrazione spesso distorta o ignorata dai media mainstream.
La sua affermazione – “abbiamo permesso di distruggere un intero popolo” – è cruda, provocatoria e mirata a scuotere le coscienze.

Non si tratta di una semplificazione, ma di una constatazione amara: la comunità internazionale, pur consapevole della situazione in Palestina, non ha agito con la necessaria fermezza per proteggere i diritti umani e garantire una soluzione pacifica e duratura.
L’amichevole rappresenta quindi un atto di resistenza, un modo per affermare la solidarietà verso un popolo che lotta per la propria sopravvivenza e per la propria identità.

Guardiola, con la sua voce autorevole e la sua influenza globale, contribuisce a trasformare un evento sportivo in un potente messaggio di speranza e di impegno civile.
La partita non è solo un momento di svago, ma un promemoria costante del dovere morale di non rimanere indifferenti di fronte alle ingiustizie del mondo.

Si tratta di un invito all’azione, un appello alla responsabilità collettiva per costruire un futuro più giusto e pacifico per tutti.
L’esempio di Guardiola ci ricorda che anche chi opera nel mondo dello sport può e deve utilizzare la propria piattaforma per difendere i valori umani fondamentali.

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