Lamberto Boranga, un nome che trascende l’età e le aspettative, incarna un’eccezionale simbiosi tra medicina, sport e passione.
Nato nel 1942, questo medico per vocazione e atleta per natura, ha scelto di riaccendere i riflettori su una carriera che non conosce limiti temporali, ritornando a difendere i colori di Trevi, la sua città, il suo punto di riferimento.
La scena è suggestiva: fra i pali, con la solennità del numero uno sulla schiena, Boranga si fa titolare per la quarta giornata del campionato di Prima Categoria umbra, un palcoscenico modesto ma carico di significato personale.
Questo ritorno non è un mero esercizio di nostalgia, ma una dichiarazione di intenti, una testimonianza tangibile di un ethos che privilegia la vitalità, la resilienza e la continua ricerca di sfide.
La figura di Boranga è emblematica di un approccio alla vita che si discosta dalle convenzioni.
Medico, professionista attento e competente, ha dedicato la sua esistenza alla cura del prossimo, bilanciando con maestria il rigore scientifico con un profondo senso umano.
Allo stesso tempo, la sua passione per lo sport, alimentata da una natura atletica innata, lo ha spinto a superare confini e ad affrontare sfide che avrebbero scoraggiato molti.
Il calcio, in particolare, rappresenta per lui un linguaggio universale, un’opportunità di condivisione, un motore di crescita personale e collettiva.
La sua presenza in campo, a un’età in cui la maggior parte degli atleti ha appeso le scarpe al chiodo, è un messaggio potente: l’età non è una barriera, ma un invito a reinventarsi, a perseguire i propri sogni con determinazione e a dimostrare che la passione può essere una fonte inesauribile di energia.
La partita contro la Vis Foligno, al di là del risultato sportivo, assume un valore simbolico.
È un momento di celebrazione della longevità, della dedizione e della capacità di coniugare diversi aspetti della propria identità.
Boranga non è solo un portiere, ma un esempio di come vivere una vita piena, ricca di significato e di passione, ispirando gli altri a superare i propri limiti e a inseguire i propri obiettivi, indipendentemente dall’età o dalle difficoltà.
La sua storia è un invito a riscoprire il valore del gioco, non solo come competizione, ma come strumento di crescita e di connessione umana.