Jasmine Paolini si presenta a Wimbledon, avvolta in una compostezza quasi inaspettata. Il media day, preludio al torneo, la ritrae non come la favorita che il ranking numero 4 al mondo suggerirebbe, ma come un’atleta consapevole della mutevolezza del tennis, in particolare sull’erba inglese. Ritorna all’All England Club carica di una storia incompleta: la rimonta culminata nella finale dello scorso anno, una battaglia intensa persa in tre set contro la ceca Barbora Krejcikova, un ricordo vivido che permea l’aria di questa edizione.Lontana dall’ostentazione di ambizioni eccessive, Paolini articola una strategia di gestione delle aspettative, un approccio radicato nella profonda conoscenza delle dinamiche che regolano il gioco. “Cerco sempre di mantenere le aspettative basse,” confessa, la frase rivela una filosofia tennistica maturata attraverso anni di competizioni, una consapevolezza che i numeri sul cartellone non garantiscono nulla sull’erba, un terreno di gioco imprevedibile, capace di sovvertire le gerarchie e premiare l’adattabilità. L’erba, a differenza del cemento o della terra rossa, introduce un elemento di casualità, una danza sottile tra superficie e racchetta che richiede un’abilità tecnica raffinata e una lettura del gioco particolarmente acuta. Ogni rimbalzo è unico, imprevedibile, un invito costante alla rettifica, alla rielaborazione strategica. Questo rende Wimbledon un crocevia di talenti, dove la tecnica impeccabile può essere compromessa da un controllo imperfetto, dove l’esperienza e la capacità di improvvisazione diventano armi preziose.L’obiettivo immediato, dichiara Paolini, si concentra esclusivamente sul primo incontro, sul tentativo di offrire una prestazione solida, una partita di alto livello. Non si lascia sedurre dall’immagine del trionfo, né si lascia sopraffare dal peso del passato. Il presente è il suo orizzonte, il primo turno la sua priorità. È un approccio pragmatico, tipico di una giocatrice che ha saputo trasformare le difficoltà in opportunità di crescita. La sua serenità non è assenza di ambizione, ma una forma matura di gestione dell’ansia da prestazione, un riconoscimento del fatto che il successo è il risultato di una costante ricerca di miglioramento, piuttosto che la conseguenza di un’aspettativa predefinita. Wimbledon, per Jasmine Paolini, è un nuovo capitolo, una sfida da affrontare con umiltà e determinazione, partita dopo partita.