Il dilagare di un sovraccarico agonistico sta erodendo le fondamenta del calcio moderno, un tema che emerge con sempre maggiore urgenza dalle voci di chi ne è protagonista.
L’ultimo, e significativo, intervento del presidente del Napoli ha riacceso il dibattito, evidenziando una frattura profonda tra le esigenze dei club e le scelte delle organizzazioni calcistiche.
L’eccessiva densità di impegni competitivi, un fattore ormai riscontrabile a tutti i livelli, non si limita a generare una logorante pressione psicologica su giocatori e allenatori.
Il costo più evidente, e drammatico, si traduce in un aumento esponenziale del rischio infortuni.
Questa spirale negativa, lungi dall’essere un fenomeno isolato, sta compromettendo la salute degli atleti e, conseguentemente, la qualità del prodotto calcistico che appassiona milioni di tifosi.
La discussione non verte più, quindi, su una mera questione di programmazione, ma su una ridefinizione urgente del modello stesso di competizione.
Il calendario calcistico contemporaneo, un intricato labirinto di campionati nazionali, coppe continentali e competizioni minori, sembra costruito più per massimizzare i profitti che per tutelare il benessere degli interpreti.
L’intervento del presidente del Napoli ha contribuito a riaccendere una polemica che, in realtà, serpeggia da tempo tra i vertici del calcio e le società sportive.
La richiesta di una maggiore attenzione verso la sostenibilità fisica degli atleti non è una provocazione, ma un appello alla responsabilità.
Si tratta di un investimento sul futuro del calcio, un futuro che non può prescindere dal rispetto della salute dei giocatori.
La frammentazione delle responsabilità, la pressione economica e gli interessi contrastanti rendono complessa la ricerca di soluzioni concrete.
Tuttavia, è necessario un cambio di paradigma, un ripensamento complessivo del sistema che tenga conto non solo degli aspetti commerciali, ma anche del benessere degli atleti e della qualità del gioco.
La questione non si risolve con semplici aggiustamenti di calendario.
Richiede un dialogo aperto e costruttivo tra tutte le parti coinvolte, un impegno condiviso verso un modello più equo e sostenibile, in grado di garantire un futuro prospero al calcio, preservando al contempo la salute e la passione di chi lo rende tale.
Il silenzio, in questo frangente, è complice di un declino che rischia di compromettere l’eredità di uno sport universalmente amato.





