Il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) ha emesso una sentenza di importanza capitale, ridimensionando drasticamente le restrizioni imposte agli atleti russi e bielorussi nel panorama sportivo internazionale.
La decisione, che contrasta una precedente esclusione totale dalle competizioni, apre la prospettiva di una loro partecipazione, sotto bandiera neutra, ai Giochi Olimpici Invernali di Milano-Cortina 2026 (6-22 febbraio).
Questa sentenza non rappresenta un semplice ritorno in campo, ma solleva complesse questioni di diritto sportivo, politica internazionale e integrità dei valori olimpici.
Il verdetto del TAS si fonda sull’analisi di una serie di argomentazioni legali, esaminando la conformità delle misure restrittive iniziali con i principi fondamentali del diritto sportivo, che impongono un trattamento equo e non discriminatorio per tutti gli atleti.
Il Tribunale ha sostanzialmente ritenuto che la generalizzata esclusione, applicata indiscriminatamente a tutti gli atleti, fosse eccessiva e non proporzionata rispetto agli obiettivi di sanzione e garanzia di sicurezza che si prefiggeva.
La possibilità di partecipazione sotto status neutrale, formalizzata tramite il rispetto di criteri definiti dal Comitato Internazionale Olimpico (CIO), introduce una complessa stratificazione di responsabilità e controllo.
Questi criteri, ancora da definire con precisione e suscettibili di interpretazioni diverse, riguardano la verifica dell’assenza di legami diretti con l’esercito, la depurazione da possibili collusi con il regime politico e la dimostrazione di un impegno concreto verso i valori olimpici di pace, rispetto e fair play.
La loro applicazione solleva interrogativi cruciali sull’efficacia di tali garanzie e sul potenziale rischio di “lavaggio” di immagini.
L’impatto di questa decisione va oltre il singolo sport dello sci.
Stabilisce un precedente per altri sport e discipline, influenzando la gestione di situazioni simili che coinvolgono atleti provenienti da paesi soggetti a sanzioni o restrizioni.
Il CIO, ora, si trova di fronte alla sfida di attuare in modo rigoroso e trasparente i criteri di neutralità, garantendo al contempo l’integrità della competizione e la percezione di equità da parte degli atleti e del pubblico.
La decisione del TAS non è una soluzione definitiva, ma un punto di svolta.
Richiede un dialogo costruttivo tra le parti interessate – CIO, federazioni sportive, governi e atleti – per navigare le implicazioni etiche, politiche e legali di questa nuova realtà sportiva.
L’equilibrio tra la necessità di sanzionare azioni che violano i principi fondamentali del diritto internazionale e il diritto degli atleti di competere, rimane una questione irrisolta che continuerà a plasmare il futuro dello sport internazionale.
La partecipazione neutrale, in questo contesto, diventa un esperimento delicato, la cui riuscita dipenderà dalla capacità di tutti gli attori coinvolti di agire con responsabilità e rispetto dei valori olimpici.





