(Adnkronos) – Un team internazionale di ricerca guidato dall'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha compiuto una misurazione di elevata precisione della massa del pianeta extrasolare Kepler-10c, suggerendo che esso possa essere in gran parte composto da ghiaccio d'acqua. Lo studio, pubblicato sulla rivista
Astronomy & Astrophysics
, si è avvalso dei dati raccolti dallo spettrografo High Accuracy Radial velocity Planet Searcher for the Northern hemisphere (HARPS-N), installato presso il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) situato alle Isole Canarie. L'analisi ha inoltre permesso di confermare la presenza di un terzo pianeta all'interno del sistema di Kepler-10, fornendo nuove preziose informazioni per la comprensione dei processi di formazione planetaria e delle origini del nostro Sistema solare. Grazie a circa 300 misurazioni di velocità radiale ottenute con HARPS-N, i ricercatori hanno potuto stimare con accuratezza senza precedenti la massa e la densità di Kepler-10c, un esopianeta orbitante attorno alla stella Kepler-10. Questo sistema planetario è noto per ospitare Kepler-10b, la prima super-Terra rocciosa scoperta dalla missione Kepler della NASA con un periodo orbitale inferiore a un giorno terrestre, e Kepler-10c, un pianeta classificato come sub-Nettuno con un periodo orbitale di 45 giorni. La massa di Kepler-10c è stata a lungo oggetto di dibattito, con stime discordanti che rendevano difficile determinarne la composizione. I dati di HARPS-N sono stati elaborati attraverso un nuovo metodo che corregge gli effetti strumentali e le variazioni dell'attività magnetica della stella madre, anche quando di bassa intensità. Le analisi, condotte indipendentemente da tre gruppi all'interno del team, hanno prodotto risultati coerenti. Questo lavoro ha portato alla conclusione che Kepler-10c è con alta probabilità un "mondo d'acqua", un pianeta la cui massa è costituita in gran parte da acqua allo stato solido (ghiaccio) e forse, in una piccola percentuale, anche liquido. I ricercatori ipotizzano che il pianeta si sia formato oltre la linea di condensazione dell'acqua, a circa due o tre unità astronomiche dalla sua stella, per poi migrare progressivamente verso la sua attuale orbita più interna. Un risultato significativo dello studio è anche la conferma dell'esistenza di un terzo pianeta nel sistema di Kepler-10. Questo corpo celeste, non rilevabile attraverso i transiti, è stato individuato grazie alle piccole anomalie che induce sull'orbita di Kepler-10c, osservabili nelle variazioni dei tempi di transito di quest'ultimo. Questo metodo è analogo a quello che portò alla scoperta di Nettuno, basata sulle perturbazioni osservate nell'orbita di Urano. Il pianeta "fantasma", la cui esistenza era stata ipotizzata in precedenza, ha ora un periodo orbitale accuratamente determinato di 151 giorni e una massa minima stimata, grazie alla precisione delle misurazioni di velocità radiale di HARPS-N. Luca Borsato dell'INAF di Padova, secondo autore dell'articolo, commenta: "L'analisi delle velocità radiali e delle variazioni dei tempi di transito, sia singolarmente che in combinazione, ha fornito risultati in ottimo accordo sui parametri del terzo pianeta, correggendo precedenti stime imprecise delle sue proprietà".
Aldo Bonomo dell'INAF di Torino, primo autore dell'articolo, sottolinea l'importanza della scoperta nel contesto teorico: "L'esistenza dei 'water world' è stata prevista dai modelli di formazione e migrazione planetarie, ma non ne abbiamo ancora una conferma definitiva. Tuttavia, una quindicina di pianeti attorno a stelle simili al Sole, come Kepler-10c, sembrano avere proprio la composizione prevista da questi modelli. La verifica finale dell'esistenza dei 'water world' potrebbe arrivare dallo studio delle loro atmosfere con il telescopio spaziale James Webb, poiché ci aspettiamo che esse siano particolarmente ricche di vapore acqueo". Lo studio del sistema Kepler-10 offre importanti spunti sulla formazione dei pianeti attorno alle loro stelle. Le super-Terre come Kepler-10b e i sub-Nettuni come Kepler-10c, comuni nella Galassia ma assenti nel nostro Sistema solare, rappresentano un tassello fondamentale per comprendere la diversità dei mondi che orbitano attorno ad altre stelle. In particolare, l'analisi della composizione dei pianeti sub-nettuniani, volta a determinare se siano ricchi o poveri di ghiaccio, può fornire indicazioni cruciali sulla loro origine e sulle prime fasi di formazione dei sistemi planetari, incluso il nostro. Comprendere come e dove si formano questi pianeti e i loro movimenti migratori verso la stella madre significa guardare indietro nel tempo per svelare ulteriori dettagli sulle origini della Terra e, forse, della vita stessa. —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)