Il racconto del Mezzogiorno, e in particolare della Calabria, si è arricchito di una nuova sfumatura, una narrazione che ambisce a sradicare i luoghi comuni e a restituire al Sud un’immagine più complessa e sfaccettata.
Queste sono le parole di Roberto Occhiuto, presidente dimissionario della Regione Calabria, al termine degli Stati generali del Mezzogiorno di Forza Italia.
Un’occasione per tracciare un bilancio e delineare le prospettive future, con un’attenzione particolare alla necessità di una leadership che sappia coniugare pragmatismo e visione.
L’amministrazione regionale, secondo Occhiuto, ha compiuto passi significativi, rompendo con un passato segnato da immobilismo e inefficienza.
La retorica delle promesse lascia il passo a una rendicontazione concreta, un “consuntivo” di quattro anni che, a detta del presidente, superano di gran lunga quanto realizzato nei quarant’anni precedenti.
L’esempio più emblematico è rappresentato dalla Statale 106, arteria cruciale per la regione, che ha visto un investimento di 3,8 miliardi di euro grazie all’azione concertata con il governo Meloni e Tajani, in netto contrasto con l’un miliardo investito nei trent’anni precedenti.
Questa operazione, oltre a significare un cambiamento tangibile, simboleggia un nuovo approccio alla gestione delle risorse pubbliche, orientato ai risultati e alla risoluzione dei problemi concreti.
La sanità calabrese, storicamente afflitta da criticità e pregiudizi a livello nazionale, è un altro fronte su cui l’amministrazione si è impegnata a fondo.
La volontà è quella di dimostrare che anche in contesti complessi è possibile migliorare la qualità dei servizi e superare le resistenze culturali.
Naturalmente, Occhiuto non indulge in facili ottimismi: la trasformazione radicale di una regione come la Calabria richiede tempo e risorse considerevoli.
La metafora del “Veneto” serve a sottolineare la vastità del compito, ma non intacca la convinzione di aver gettato le basi per un futuro migliore.
La campagna elettorale che si appresta ad affrontare sarà quindi un’occasione per presentare non promesse, ma risultati.
Per sottolineare come una classe dirigente, priva di complessi e animata da un coraggio intrinseco, sia in grado di produrre cambiamenti significativi.
Il gesto di dimissioni, definito “coraggioso”, si inserisce in questa logica, riflettendo l’eredità politica di Silvio Berlusconi, che ha sempre cercato la legittimazione diretta nel voto popolare.
Un gesto che, pur costato sofferenze personali, si pone come esempio di responsabilità e di impegno verso il territorio.
Il futuro, dunque, si prospetta come una sfida complessa, ma non priva di speranza, per una regione che aspira a riscattarsi e a conquistare un ruolo più dignitoso all’interno del panorama nazionale.
Si tratta di una sfida che richiede non solo capacità amministrativa, ma anche una profonda comprensione delle dinamiche sociali ed economiche che caratterizzano il Mezzogiorno.