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E’ morto Giorgio Armani, il re della moda aveva 91 anni

(Adnkronos) – E' morto oggi, giovedì 4 settembre, Giorgio Armani. Lo stilista, tra le più grandi firme della moda nel mondo, aveva 91 anni. La camera ardente sarà aperta dal 6 al 7 settembre. I funerali si terranno in forma privata.  Re Giorgio, (così era stato ribattezzato nel 1975 dalla stampa inglese) se n'è andato con discrezione ed eleganza, senza far troppo rumore, così come ha fatto per tutta la sua lunga vita. Su quel suo appellativo amava scherzare "è vecchio di vent’anni – disse una volta – e mi piace proprio ma spero che non finiscano per chiamarmi ‘Sua Santità’, sarebbe imbarazzante". Più che santo, Armani è stato un gigante del Made in Italy, ingranaggio essenziale dell’eleganza italiana, l’unico in grado di emancipare le donne in carriera e liberare gli uomini dalla formalità rigida cui erano abituati.  Riservato, composto, il signor Armani, come veniva chiamato rispettosamente da chiunque lavorasse con lui, è stato forse l’unico a incarnare lo stile milanese e la milanesità. "Moda e stile sono la mia urgenza espressiva – raccontava in un’intervista – il mio lavoro e un magnifico mezzo per potersi esprimere". La sua è una storia unica, come unica era la sua ‘divisa’, per decenni sempre la stessa: pantaloni scuri e maglietta girocollo blu.  Armani nasce a Piacenza l’11 luglio 1934 e dopo gli studi al liceo scientifico Respighi, nel 1949 si trasferisce con la famiglia a Milano. Qui si iscrive alla facoltà di medicina dell'Università statale, ma dopo tre anni interrompe gli studi per la chiamata dell'esercito. Al rientro nel capoluogo lombardo trova lavoro come vetrinista e commesso per la Rinascente, dove lavora fino al 1965, anno in cui viene assunto da Nino Cerruti per ridisegnare la moda del marchio Hitman.  La prima collezione è del 1975, anno in cui sfila al Pitti e poi, con il compagno di vita Sergio Galeotti (che morirà a 40 anni, appena 10 anni dopo) fonda l’azienda che porta il suo nome. E' negli anni Ottanta, tuttavia, che la carriera decolla a livello mondiale. Anche merito degli abiti tratteggiati per ‘American Gigolò’, che oltreoceano gli valgono fama e gloria. Sono passati appena 7 anni dalla nascita del suo marchio e veste già Richard Gere: il successo è planetario. I suoi completi dai volumi fluidi, i pantaloni con le pinces, la nuance greige – colore che lo stilista inventa, un mix di grigio e beige, che è subito sinonimo di chic – contribuiscono a tratteggiare l’estetica dell’eleganza maschile degli anni che verranno. E poi i tessuti: dal nylon alla seta, alle texture fluide e svolazzanti. ‘Time’ lo mette in copertina, tutte le star lo cercano. Veste regine, attrici, donne in carriere e principesse. La sua giacca destrutturata, tutta d’un pezzo ma anche sensuale, diventa icona universale di stile unisex. Elimina imbottiture e controfodere, sposta i bottoni, modifica le proporzioni tradizionali. A muovere Re Giorgio è la passione, certo, ma anche l’ambizione. Non si ferma a un’etichetta sola ma si dedica anche all’alta moda con la Giorgio Armani Privé, reinventa il casual con Emporio Armani (che include la sportiva EA7), dà vita alla sua anima young con Armani Jeans, Armani Junior e Armani Exchange. Profumi, make up, l’arredamento per la casa, gli occhiali, tutto quello che re Giorgio tocca si trasforma in oro. Armani si proietta dritto nell’impero della moda con Coco Chanel e Yves Saint Laurent, riesce a intercettare le esigenze della donna del suo tempo, la avvolge in una divisa (il blazer e i pantaloni con le pinces) che prima non avrebbe mai pensato di indossare. Ama la cultura orientale e araba. Immancabili in passerella i colletti alla coreana o i cappotti djellaba, messi in commercio nel 1990, in contemporanea all'uscita nei cinema di 'Il tè nel deserto' di Bertolucci. Visionario e inarrivabile, Armani è stato forse l’ultimo grande ambasciatore del Made in Italy nel mondo con un'azienda che ha guidato per 50 anni. Il suo impegno ha sconfinato anche nello sport, e nella sua amatissima Olimpa Milano, la squadra di pallacanestro di cui è stato proprietario dal 2008. Avanguardista, rivoluzionario, non è mai restato con le mani in mano. Il suo è stato il primo brand, nel febbraio 2020, a sfilare a porte per salvaguardare gli ospiti quando il Coronavirus aveva iniziato a colpire l’Italia, tenendo incollati davanti allo schermo 11 milioni di fan. Così come è stato il primo, nei mesi più bui della pandemia, a riconvertire i suoi stabilimenti per produrre camici monouso per donarli a medici e infermieri. Non ha mai tradito sé stesso, Armani, né l’idea di bellezza che lo ha accompagnato in tutta la sua lunga vita.  Pulita, elegante, semplice. Una bellezza che preferisce togliere invece che aggiungere. Attento all’ambiente "Basta spettacolarizzazione, basta sprechi" aveva scritto in una lettera aperta a ‘Wwd’, era contrario alla moda "come gioco di comunicazione" o agli show "in giro per il mondo per presentare idee blande", che aveva definito "inappropriati e volgari". Less is more, come la filosofia che da sempre sembra aver animato la sua carriera. A parlare per lui resta la sua carriera costellata di successi e i numerosi riconoscimenti che gli sono stati attribuiti: Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana, commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore, l'ultima laurea honoris causa a Piacenza nel 2023. Sempre in prima linea, ha partecipato a tutte le sfilate dei suoi marchi, finché la salute glielo ha concesso. La prima assenza lo scorso giugno, dopo un ricovero in ospedale, alle due sfilate uomo di Emporio e Giorgio Armani, a Milano. Due settimane dopo la convalescenza lo costringe a mancare anche alla presentazione della collezione Armani Privé autunno/inverno 2025/26 a Parigi. "Eleganza non è farsi notare ma farsi ricordare" è il suo pensiero più conosciuto, e oggi brilla più che mai. (di Federica Mochi)  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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