L’accesso alla professione forense, crocevia di competenze e rigore deontologico, si è recentemente trovato al centro di un’importante vicenda giudiziaria che solleva interrogativi fondamentali sul processo di abilitazione e sulla sua equità.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ha infatti accolto un ricorso presentato da una giovane aspirante avvocata, aprendo la strada a una rivalutazione del suo esame di abilitazione, un precedente potenzialmente significativo per l’intero sistema.
La vicenda prende le mosse da una prova scritta sostenuta dalla candidata presso la sede di Firenze, dove la sottocommissione l’aveva valutata con il voto di 15/30, punteggio insufficiente per l’ammissione alla prova orale.
Tuttavia, il Tar ha ritenuto che un mero giudizio numerico, slegato da una motivazione dettagliata e dalla verifica di aderenza ai criteri di valutazione aggiornati, non potesse giustificare l’esclusione della candidata.
La decisione del Tar si fonda sulle recenti disposizioni emanate nel dicembre 2024 dalla commissione ministeriale presso il Ministero della Giustizia, che hanno profondamente rimodulato i parametri di valutazione degli esami di abilitazione.
L’ordinanza sottolinea con chiarezza che il punteggio, di per sé, non offre alcun elemento interpretativo circa le aree di debolezza o le lacune presenti nell’elaborato del candidato.
La trasparenza del processo valutativo emerge come un principio cardine, imprescindibile per garantire un accesso giusto ed equo alla professione.
Invece di disporre la ripetizione dell’esame, il Tar ha optato per una soluzione più mirata: l’invio dell’elaborato della candidata, in forma anonima, a una sottocommissione di Palermo affinché proceda a una rivalutazione.
Questa scelta, lungi dall’essere una semplice formalità, riflette la volontà di assicurare una verifica imparziale e più approfondita, basata su criteri oggettivi e coerenti.
La giovane candidata, assistita dagli avvocati Francesco Leone, Simona Fell e Raimonda Riolo dello studio legale Leone-Fell e C.
, ha espresso grande soddisfazione per la decisione del Tar.
Gli avvocati sottolineano come l’ordinanza riconosca un principio fondamentale: la necessità di un giudizio tracciabile, motivato e pienamente coerente con le linee guida ministeriali.
La decisione rappresenta una vittoria non solo per la loro assistita, ma per tutti i praticanti che aspirano a una professione forense caratterizzata da trasparenza e meritocrazia.
L’episodio solleva questioni cruciali riguardo alla responsabilità dei valutatori, alla necessità di fornire feedback costruttivi ai candidati e all’importanza di un sistema di abilitazione che promuova l’eccellenza e la professionalità, garantendo al contempo un accesso equo e meritocratico alla professione di avvocato.
La vicenda potrebbe aprire la strada a una revisione più ampia delle procedure di abilitazione, orientandole verso una maggiore trasparenza e un’attenzione più specifica alla motivazione dei giudizi.